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Brindisi-Gaziantep: la mappa degli aiuti post-sisma in Turchia e Siria

Ponte di solidarietà: spedizione aerea di aiuti umanitari della Direzione generale per la Protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario (ECHO) della Commissione europea a sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto

Dalla base Unhrd di Brindisi sono partite 54 tonnellate di aiuti post-sisma.  E’ il ponte umanitario Italia-Turchia. E cioè la spedizione aerea di aiuti umanitari della Direzione generale per la Protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario (ECHO) della Commissione europea. Vi concorre la Cooperazione irlandese (Irish Aid) a sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto in Turchia e Siria. L’operazione è organizzata dalla Base di pronto intervento umanitario delle Nazioni Unite (UNHRD) di Brindisi. Ed è effettuata con un volo charter finanziato da ECHO. A bordo 54 tonnellate di aiuti. Tra cui 8 mila coperte. 320 kit igienici. 280 set da cucina per nuclei familiari di cinque persone. 4 mila teli. 400 kit di strumenti per ripari d’emergenza. A destinazione gli aiuti sono stati presi in carico dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM). E distribuiti in Siria.

Aiuti
Il team di soccorso dei vigili del fuoco atterrano ad Astana, in Turchia. Foto: @vigilidelfuoco

Sos aiuti

La base UNHRD di Brindisi è la capofila di una piattaforma di hub umanitari. Negli Emirati Arabi Uniti, in Ghana, in Malesia e a Panama. La struttura è gestita dall’agenzia ONU World Food Programme (WFP). Da qui sono partite e continueranno a partire altre spedizioni aeree e marittime. Per conto delle organizzazioni umanitarie impegnate nella risposta al devastante terremoto. Dalla base emiratina di Dubai sono già state spedite, tra le altre, 174 tonnellate di aiuti umanitari. Sempre per conto di ECHO e di Irish Aid. La base di Brindisi è interamente finanziata su base annuale dalla Cooperazione italiana. E da tutta la rete UNHRD che riceve finanziamenti anche da ECHO e Irish Aid. Finora da Brindisi sono partite 11 spedizioni con 550 tonnellate di aiuti per conto di sette organizzazioni umanitarie. Intanto il terrificante terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria ha prodotto una serie di scosse di assestamento anche in politica. Recep Tayyep Erdogan difficilmente avrebbe immaginato che a muoversi tra i primi per portare aiuto sarebbero state l’Armenia e la Grecia. Due Paesi che con la Turchia hanno relazioni a dir poco travagliate. Il sisma, riferisce, Terrasanta.net, rimette in movimento il gioco delle diplomazie regionali. E gli esiti sono ancora da immaginare. aiuti

Valichi riaperti

Armenia e Turchia sono divise da rancori profondi fin dal genocidio degli armeni del 1915. Dissidi rinfocolati quando un anno fa l’Azerbaigian (armato e appoggiato dalla Turchia) ha invaso e occupato parte del Nagorno Karabakh armeno. Non esistono relazioni diplomatiche tra le due nazioni. E per far passare gli aiuti armeni i turchi hanno dovuto riaprire il ponte del valico di Margara, chiuso da trent’anni. Non solo. Il ministro degli Esteri armeno, Arat Mirzoyan, ha visitato la città turca di Adiyaman, sconvolta dal terremoto. Con un gesto che certo influirà sul processo di disgelo che è in corso tra Erevan e Ankara da qualche tempo. Anche se con andamento incerto. Non cambia nulla, invece, per la Siria. Paese ridotto in povertà dalla guerra civile. E che era totalmente autosufficiente fino al 2011. “Le sanzioni internazionali, non hanno ottenuto nulla dal punto di vista politico -rileva Terrasanta.net-. Però accrescono grandemente le sofferenze della popolazione. L’unica cosa sensata e degna sarebbe stato sospendere almeno provvisoriamente le sanzioni. E far arrivare la massima quantità di aiuti. Di fronte a una tragedia come quella del sisma”.

aiuti
Macerie ad Aleppo, in Siria. Foto: @DrTedros

Ritardi e blocchi

Gran parte dei soccorsi finisce, invece, alle zone controllate dai miliziani islamisti appoggiati dalla Turchia. Oggi si chiamano Governo di salvezza nazionale. Prima erano Hayyat Tahrir al-Sham. Pima ancora Al Nusra. Al’origine Al Qaeda. La Turchia controlla gran parte degli accessi alle regioni del Nord dove le scosse hanno fatto più danni. E indirizza i soccorsi dove preferisce. Assad fa il resto, con riserve, ritardi e blocchi che si scaricano sul già sofferente popolo siriano. La diplomazia dell’emergenza funziona, riferisce Terrasanta.net, anche nell’altro senso. L’Azerbaigian vuole che prima di un accordo tra Armenia e Turchia ne sia firmato uno tra Armenia e Azerbaigian. Per certificare lo status quo della recente conquista. E sa che l’appoggio turco è decisivo. L’obiettivo è farsi “superare” dai nemici armeniaiuti

Mutamenti diplomatici

L’Azerbaigian ha inviato tra le macerie delle città turche la più folta tra tutte le squadre di soccorso. Ben 900 uomini. Più di Spagna, Cina, Israele e Russia. Idem per la Grecia, il Paese che Erdogan ha scelto come “nemico esterno” da conservare. Mentre andava a sanare vecchie cicatrici con Israele, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Anche da Atene sono arrivati aiuti, consegnati personalmente dal ministro greco della Protezione civile. E il ministro greco degli Esteri, Nikos Dendias ha visitato la provincia di Hatay, una delle più colpite. Insieme con il collega turco Mevlut Cavusoglu. Non basterà a risolvere tutti i problemi. Erdogan ha più volte minacciato l’azione militare contro la Grecia. Ma a livello diplomatico qualcosa cambierà.

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