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Quell’abuso di alcool che aumenta con il lockdown

Il consumo di bevande durante la quarantena è aumentato. L’Istituto Superiore di Sanità stima un incremento che oscilla dal 180% al 250%

Con i recenti aumenti dei contagi da coronavirus l’Italia sta lentamente scivolando verso un nuovo lockdown. E se la politica è impegnata a disinnescare le gravi ripercussioni economiche che una nuova chiusura generalizzata comporterebbe, in pochi si stanno occupando di un fenomeno sociale preoccupante: l’abuso di alcol.

Mentre sui social network impazzano hashtag e tormentoni sul bere, le mura domestiche fanno da palcoscenico a tragedie familiari. Che si tratti di un assaggio in cucina, un aperitivo in videochiamata, una bottiglia a cena o il bicchiere della staffa a fine giornata, il consumo di bevande durante la quarantena è aumentato. L’Istituto Superiore di Sanità stima un incremento che oscilla dal 180% al 250%. Solo nell’ultimo anno sono morte oltre 40 mila persone e 8,6 milioni sono vicini alla dipendenza. Dati alla mano l’eccessivo ingerimento di bevande alcoliche uccide molto più di fumo e droghe. Il dramma peggiore lo sta vivendo chi era quasi al termine del percorso di riabilitazione. L’isolamento ha disincentivato i pazienti in cura e si calcola che il numero di ricadute sia aumentato del 15%, facendo salire il numero dei dipendenti a quasi un milione.

La Società Italiana di Alcologia (SIA) ricorda che a rischiare maggiormente sono le donne, alle quali basta ingerire la metà degli alcolici consumati da un uomo per contrarre la cirrosi epatica. Due milioni e mezzo di italiane sono potenzialmente alle prese con malattie psicofisiche direttamente riconducibili alla dipendenza da alcol. Su di loro pesa anche il pregiudizio sociale, tanto che sono più propense a bere in solitudine e meno disposte degli uomini a frequentare i centri di recupero. E se fiumi di inchiostro sono stati versati per descrivere le difficoltà delle madri in smartworking, non fanno notizia tutti quei casi di donne rimaste sole in casa che hanno trovato nella bottiglia la compagnia adatta per passare la giornata: una falsa amica di cui non si riconoscono i pericolosi effetti, almeno non fin da subito.

Chi crede che si tratti solo di un fenomeno circoscritto a una determinata età si sbaglia di grosso. Secondo il primo Rapporto alcol e salute della Regione Lazio il primo bicchiere viene consumato ad appena 11 anni. Unica nota positiva riguarda il consumo dei giovani e gli incidenti stradali in stato di ebbrezza, drasticamente ridotti grazie alla serrata generale. Chi avesse bisogno di aiuto può rivolgersi al Telefono Verde Alcol 800-632000, dell’Istituto superiore della Sanità.

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