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“A 72 anni ho ricominciato l’università per capire mio figlio autistico”

Il professor Randolfo Frattesi racconta a Interris.it perché si è iscritto all'università per comprendere meglio suo figlio autistico Natan

Ritorno all’università. L’intervista di Interris.it con la “matricola” universitaria Randolfo Frattesi, 72 anni, docente in pensione di matematica e direttore del Museo diocesano di Jesi inizia dall’origine di quella che definisce “la mia pazza iniziativa“.

Il ritorno all’università

Dopo una vita trascorsa a insegnare nelle scuole superiori delle Marche, il professor Frattesi ha appena superato il terzo esame delle sua nuova vita. “Tutto è nato esattamente un anno fa, quando mi sono accorto, che nonostante gli immensi sforzi da parte di noi genitori, per Natan, per ora, non c’è nulla da fare- racconta Frattesi-.Natan è un ragazzo di 22 anni, costretto a vivere in una struttura, molto seria e preparata, con altri ragazzi che, più o meno, hanno lo stesso disturbo: l’autismo“. E aggiunge: “Spesso la stampa o la televisione ci fanno vedere che cosa sono capaci di fare i genitori per poter risolvere i problemi dei propri figli che si trovano nelle stesse condizioni di Natan. Chi li porta in giro intorno al mondo, chi si inventa strutture miracolistiche, ma i risultati di guarigione sono nulli o quasi”.
Università
Perché è tornato studente a quasi mezzo secolo dopo la sua laurea? 
“L’anno scorso di questi tempi ho pensato di contattare l’università di Camerino per poter realizzare un progetto che mi balenava per la testa da diverso tempo. Io sono laureato in matematica, con molti esami di fisica svolti, da più quattro decenni. Perché, ho pensato, non iscriversi alla specialistica di fisica per potersi immergere negli studi accademici? Buttarsi alla ricerca con l’aiuto dell’università”.
Come si considera nella sua nuova veste?
“Un ricercatore, che più di mirare ad un’altra laurea (che sarebbe quasi una fotocopia di quella che ha) paga le tasse e sostiene gli esami con un obiettivo. E cioè fare in modo, che se nei propri studi ci fossero dei risultati utili per la scienza, essi gli vengano riconosciuti. Questo scopo sarebbe quasi impossibile per un autodidatta. Per un iscritto ai corsi universitari regolari, se non altro, c’è lo stimolo di dare gli esami e di poter riuscire a superarli”.
Perché la facoltà di fisica e non quella di medicina?
“Ho dato un’occhiata ai migliori libri di neuroscienze e ho visto gli immensi risultati raggiunti nello studio dei neuroni. Frutto di menti come quelle del Golgi, della Montalcini e di altri scienziati illustri. Ma io parto dal presupposto che la fisica entra sempre più nella medicina”.
Può farci un esempio?
“Tutto deve partire dallo studio delle particelle elementari, atomi, molecole, che poi formano le cellule. Nelle terapie e nelle diagnosi vediamo che la medicina si serve sempre più della fisica e della matematica. Tac, risonanza magnetica, radioterapia eccetera. Poi sono partito ancora da un altro presupposto”.
Università
Quale?
“Noi studiamo l’universo intelligente e andiamo a cercare i buchi neri a tre miliardi di anni luce di distanza da noi. Vogliamo scoprire sempre nuove onde elettromagnetiche e onde gravitazionali, macchine del tempo e chissà quante altre cose. Me se ben riflettiamo, dove possiamo andare avanti o indietro nel tempo, scoprire mondi paralleli e nuove attività che ci sembrano reali più della nostra realtà quotidiana? Nella nostra mente”.
Un viaggio nella mente?
“Sì. Ho pensato che invece di andare a ricercare in immense distanze i buchi neri, perchè non indaghiamo su quelli del nostro cervello: autismo, Alzheimer, Parkinson, eccetera? Come nell’intero universo, le leggi naturali valgono anche in noi stessi. Ripeto, ho contattato l’Unicam (l’università di Camerino), i professori responsabili hanno capito in pieno il mio intento, e dato che ne avevo pienamente i titoli, mi hanno ammesso alla magistrale di fisica. Anzi ‘physics’, perché l’iter accademico deve svolgersi completamente in lingua inglese”. Con un’unica condizione?”.
Cioè?
“L’unica condizione che mi hanno posto è quella di ridare gli stessi esami che avevo già dato, perché son passati più di 40 anni dalla mia laurea e noi sappiamo quanto gli studi si sono evoluti in questa materia”.
E’ un gesto compiuto per suoi figlio Natan?
“Sì. Questo è il contributo che voglio dare a mio figlio, quello che ritengo più congeniale per me. L’unico handicap è che ho iniziato tutto a 72 anni. Ma mi consola il fatto che la Bibbia ci insegna che nostro padre Abramo ha fondato molti popoli quando aveva 100 anni e il fatto che se c’è lo zampino della Divina Provvidenza, non devo temere niente: nessuno ostacolo!”.
Università
Cosa si propone?
“Io non so se personalmente riuscirò a vedere qualche risultato, ma, son sicuro, che lascerò tanto materiale ai professori, che se ne vorranno approfittare, qualcuno potrebbe arrivare ad altissime sfere. Infine devo sottolineare l’ottimo rapporto che si è venuto a creare, sia con i professori che con gli studenti. Veramente tutto ciò mi ha riportato alla giovinezza. Raccontare mia storia spero che serva per spronare altra gente interessata a contribuire alla risoluzione di questi ‘buchi neri’ della nostra mente. Sto incominciando a studiare per i nuovi esami: programmi affascinanti, ai confini della scienza nei quali l’intuito diventa la molla per scoprire cose nuove”.

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