Le previsioni d'autunno della Commissione Ue taglianoĀ il Pil italiano del 2018Ā da 1,3% a 1,1% e ritoccano quello 2019 da 1,1% a 1,2%.Ā “Dopo una crescita solida nel 2017 l'economia italiana ha rallentato nella prima metĆ di quest'anno per l'indebolimento dell'export e della produzione industriale. Una ripresa degli export e una maggiore spesa pubblica sosterranno la crescita moderatamente ma l'associato rischio nel deficit, assieme ad interessi piĆ¹ alti e considerevoli rischi al ribasso, mette in pericolo la riduzione dell'alto debito”, si legge nel testo.
Il deficit
Secondo Bruxelles, il deficit italiano ĆØ previsto in risalita nel 2018Ā dall'1,7% previsto in primavera all'1,9%, per poi schizzare al 2,9% nel 2019 “a causa delle misure programmate” come reddito di cittadinanza, riforma Fornero e investimenti pubblici che “aumenteranno significativamente la spesa”. Nel 2020 sfonda il tetto del 3%, raggiungendo il 3,1%. La Ue precisa che tale cifra non tiene in considerazione la clausola di salvaguardia, cioĆØ l'aumento dell'Iva, data la “sistematica sterilizzazione”.
Roma “peggio” di Londra
La Commissione Ue classifica l'Italia all'ultimo posto in EuropaĀ sia per il 2018 che per il 2019 e il 2020. Con l'1,1% quest'anno, persino la Gran Bretagna nonostante le difficoltĆ legate alla Brexit fa meglio con l'1,3%. Nel 2019, allo stesso livello di pil dell'1,2% dell'Italia ci sarĆ solo Londra ma ormai sarĆ giĆ fuori dall'Ue. La peggiore crescita dopo l'Italia sarĆ l'1,5% del Belgio, secondo con l'1,4% anche nel 2020 dietro l'1,3% italiano. “A causa delĀ deterioramento del bilancio, unito ai rischi al ribasso sulla crescita, l'alto debito italiano rimarrĆ stabile attorno al 131% su tutto il periodo delle previsioni” cioĆØ 2018, 2019 e 2020. Lo scrive la Commissione Ue nelle nuove previsioni economiche autunnali. “A causa del deterioramento del bilancio, unito ai rischi al ribasso sulla crescita, l'alto debito italiano rimarrĆ stabile attorno al 131% su tutto il periodo delle previsioni” cioĆØ 2018, 2019 e 2020.
Allarme spread
La relazione prende in considerazione anche il tema dello spread. “Un aumento prolungato dei tassi d'interesse peggiorerebbe le condizioni del credito delle banche e ridurrebbe ulteriormente la fornitura di credito, mentre la spesa pubblica potrebbe ridurre gli investimenti privati”,Ā si legge. C'ĆØ poi il riferimento diretto al nostro Paese: “In alcuni Paesi dell'eurozona altamente indebitati, soprattutto in Italia, il circolo vizioso tra banche e debito sovrano potrebbe riemergere in caso di dubbi sulla qualitĆ e la sostenibilitĆ dei conti pubblici, che in un ambiente di riprezzamento complessivo dei rischi e di un aumento dei costi di rifinanziamento, potrebbe sollevare preoccupazioni di stabilitĆ finanziaria e pesare sull'attivitĆ economica“.