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La proroga dell’embargo alla Russia costa un miliardo di euro all’Italia

Le esportazioni agroalimentari Made in Italy hanno perso oltre un miliardo di euro in cinque anni a causa del blocco che ha colpito una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. E’ quanto emerge, riferisce l’Adnkronos, da una analisi della Coldiretti divulgata dopo la decisione del Consiglio europeo di estendere di altri sei mesi le sanzioni economiche alla Russia per la guerra in Ucraina. Una decisione che porterà molto probabilmente al rinnovo dell’embargo deciso da Putin come ritorsione quasi 5 anni fa con decreto n. 778 del 7 agosto 2014, più volte rinnovato. All’azzeramento della spedizione di questi prodotti agroalimentari Made in Italy in Russia e alle perdite dirette subite dalle mancate esportazioni si sommano, sottolinea la Coldiretti, quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy. In totale l'embargo alla Russia è costato 2,4 miliardi all'Italia. Il provvedimento comunitario di embargo alla Russia, assunto in risposta alle misure restrittive conseguenti alla crisi Ucraina, doveva inizialmente durare un anno ma è stato prorogato ed è tuttora vigente. Le conseguenze economiche per l’Italia sono state pesanti: il divieto di commerciare con le aziende di Putin è già costato all'Italia più di 2,4 miliardi di euro, e tale cifra (fornita dal Centro studi di Confagricoltura) supererà i 3 miliardi nel 2020. Le aziende italiane, stigmatizza la Lega, sono le maggiori esportatrici in Russia. Nel periodo 2009- 2013, il valore delle esportazioni di prodotti agricoli e alimentari verso la Russia era in rapida ascesa (+111%), passando dai 333 milioni di euro del 2009 a 705 milioni di euro del 2013. Nel periodo successivo, vigente l’embargo, il valore delle esportazioni di prodotti agricoli e alimentari verso la Russia si è ridotto fino a 381 milioni di euro (2015) per poi tornare a crescere fino a 552 milioni di euro (2018). Dall’entrata in vigore del divieto di importazione di molti prodotti agricoli e dell’industria alimentare dai Paesi dell’Unione Europea e ipotizzando che, in assenza dell’embargo nel periodo 2014-2018 fosse stato confermato l’andamento di crescita registrato nel periodo 2009-2013 (+22% annuo circa), le conseguenze dell’embargo per l'Italia possono, al 2018, essere stimate in 2.431 milioni di euro e in 3.706 milioni di euro, al 2020”.

Segnali di ripresa

L’Ismea segue l’andamento dei mercati agroalimentari nazionali ed europei. In una nota, riportata dal Sir, spiega come frutta fresca, carni, latte e derivati perdano rispettivamente 112, 57 e 48 milioni di euro rispetto al periodo pre-embargo. “La dinamica dell’import russo di prodotti agroalimentari italiani – dice ancora Ismea –, che nel 2013 era in crescita del 124% rispetto al 2009 con l’affermazione di molti prodotti del Made in Italy, ha subito una forte battuta di arresto azzerando l’export per alcuni settori chiave come frutta fresca, carni, latte e derivati, penalizzando fortemente prodotti come uva, mele, kiwi, pesche, formaggi freschi e stagionati, carni bovine”. L’Istituto di ricerca sottolinea anche come si tratti spesso di prodotti “fortemente legati ad aree circoscritte come Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Puglia e Lazio, per le quali il danno economico è ancora più rilevante”.

Trattative internazionali

Si tratta di un costo insostenibile per l’Italia e l’Ue ed è importante che si riprenda la via del dialogo poiché ancora una volta il settore agroalimentare è stato merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale. Nei supermercati russi si possono ora trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali, dalla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola Unagrande, dalla mortadella Milano al parmesan, dalla scamorza al mascarpone. A potenziare la produzione del falso Made in Italy non è stata però solo l’industria russa, ma, riferisce la Coldiretti, anche molti Paesi che non sono stati colpiti dall’embargo come la Svizzera, la Bielorussia, l’Argentina o il Brasile che hanno aumentato le esportazioni dei cibi italiani taroccati nel Paese di Putin. In Russia è possibile infatti trovare scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano e Gorgonzola di produzione Svizzera e Parmesan o Reggianito di origine brasiliana o argentina.

Export agroalimentare

Il rischio, continua la Coldiretti, riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, rischia di essere frenata per la mancanza degli ingredienti principali. In alcuni casi i piatti sono spariti dai menu mentre, in altri, sono stati sostituiti da tarocchi locali o esteri senza però che ci sia nella stragrande maggioranza dei ristoranti una chiara indicazione nei menu. Un blocco dunque dannoso per l’Italia anche se, conclude la Coldiretti, va peraltro segnalato che ne nel 2018 l'export agroalimentare italiano ha visto la crescita di alcuni comparti non colpiti come paste alimentari, pomodori pelati e polpe, tabacchi e olio, pur rimanendo nettamente inferiore ai livelli pre embargo.

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