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L'insegnamento ai tempi del precariato

Una malattia affligge la scuola italiana. È in circolo da anni e indebolisce sempre più il corpo che abita. Non si vede una cura in tempi brevi, ma servirebbe una vera terapia d'urto per debellarla. Gli addetti ai lavori, i sindacati, l'hanno ribattezzata “supplentite”. La scuola italiana è malata di lavoro precario e le sue condizioni continuano ad aggravarsi. L'ex ministro dell'Istruzione del secondo governo Prodi, Giuseppe Fioroni, raggiunto da In Terris, definisce la scuola italiana “un sistema precarizzante che non consente un progetto di formazione. Va sanata”.

Uno su cinque è precario

Le cattedre sono vuote. A fare lezione ai quasi otto milioni di alunni e studenti italiani ci pensano i giovanissimi neolaureati – e qualche laureando – che hanno presentato la domanda di messa a disposizione (m.a.d.) per essere chiamati dai dirigenti scolastici quando hanno esaurito ogni altra risorsa. Ma soprattutto c'è la marea di insegnanti non di ruolo, che in realtà garantisce una copertura e una continuità pari a quella dei docenti titolari di una cattedra. Sono i supplenti, e rappresentano tra il 15 e il 20% dell'intero corpo docenti: oltre 170mila. Ventimila in più dell'anno scolastico precedente. Sono dati diffusi da Cisl Scuola, in attesa delle stime ufficiali del Ministero dell'istruzione, previsti solitamente entro la fine di settembre. Cifre ben più alte di quelle che furono il risultato della gestione Fioroni. “I precari erano 150mila, ma trasformando le graduatorie permanenti in quelle a esaurimento eravamo riusciti a dimezzarli”. Molti degli attuali supplenti saranno la scialuppa di salvataggio di tante classi del centro e del nord dell'Italia, che resterebbero scoperte perché le graduatorie degli insegnanti di ruolo sono esaurite. Oltre alle liste, corrono il rischio di esaurirsi anche i maestri e i professori che vivono una situazione lavorativa incerta e provvisoria. La stima che quasi un docente su cinque sia un supplente, secondo il sindacato, è una stima persino prudente. Per Cisl Scuola quel numero infatti salirà ancora, avvicinandosi a quota 200mila nel giro di pochi anni. Le soluzioni infatti, o non sembrano a portata di mano o non sono sufficienti. A fronte di questo, secondo il Miur i docenti che entreranno di ruolo quest'anno potrebbero essere 25 mila su una platea di 53 mila posti autorizzati.

Le cause sono diverse. La mancanza di nuove graduatorie, il risparmio della spesa pubblica, i docenti che anticiperanno la pensione con Quota100, uno stallo sulle politiche di reclutamento e carenza di investimenti. Una gran minestrone di cui osservare da vicino ogni singolo ingrediente.

Le graduatorie

I docenti di ruolo con contratto a tempo indeterminato sono 697.885 su 768.902 posti in totale. C'è bisogno di supplenti perché tutti i maestri, gli insegnanti e i professori che erano nelle graduatorie di merito (i vincitori del concorso nazionale per il personale docente), in quelle di istituto per le supplenze temporanee e nelle GaE (le graduatorie a esaurimento su base regionale per i soggetti con l'abilitazione all'insegnamento) sono stati assorbiti dal sistema scolastico statale. Soprattutto nel Nord Italia, dove si sono sentiti meno gli effetti del tasso di denatalità del Paese che ha invece portato il Mezzogiorno a pesare per quasi la metà sul calo dei bambini iscritti nella scuola dell'infanzia (51 mila su 103 mila), nella scuola secondaria e alle superiori. Più bambini vuol dire più classi, e se tutti gli insegnanti sono stati assunti ci sono delle classi che restano scoperte. Una soluzione per la “supplentite”, secondo il sindacato, sarebbe una lista dove spostare chi è iscritto alle graduatorie per cui non è prevista la nomina di ruolo.

Due tipi di organico

Ci sono quello di diritto e quello di fatto. Il primo, garantito dai fondi del Ministero dell'economia e delle finanze, è il numero di cattedre assegnate in base al numero di allievi iscritti e di classi previste. Comprende anche la categoria degli insegnanti di sostegno, 100.080 di ruolo a cui si aggiungono più di 65mila in deroga. Siamo ai primi posti tra i paesi dell'Ocse per i numeri sul sostegno ai ragazzi affetti da disabilità, nonostante questo abbiamo degli insegnanti in deroga che rimarranno tali – in contrasto con un pronunciamento della Corte costituzionale che aveva dichiarato come non ci dovessere essere tetti di spesa per questa – in nome del contenimento dei conti pubblici. L'organico di fatto, invece, consiste in 15 mila professori, principalmente di scuole medie e superiori, con contratti a tempo determinato e si compone dopo la chiusura delle iscrizioni, quando si hanno sottomano i numeri veri di classi e allievi per l'anno scolastico. I supplenti inoltre sono anche una risorsa per “coprire” chi lavora part-time, circa il 15% del corpo insegnanti.

Pensionati

Molti hanno raggiunto l'età per concedersi il meritato riposo. In base ai requisiti previsti dalla riforma Fornero, andranno in pensione 22 mila persone tra i 66 e i 67 anni di età o per aver raggiunto i 41 anni di anzianità contributiva. A questi vanno aggiunti quelli che approfitterano dello “scivolo” di Quota100. Si calcola siano circa 17mila. Di questi, cinquemila sono stati acquisiti in tempo utile alla programmazione delle nomine degli insegnanti di ruolo. Ne restano fuori però 12 mila, con un impatto di nuovo diverso tra il Nord e il Mezzogiorno. Dal Lazio in su le graduatorie sono esaurite, dalla Campania in giù ci sono ancora alcuni iscritti ma le assegnazioni ci saranno l'anno prossimo. Questa situazione sarebbe un'eredità negativa – secondo i sindacati – della riforma cosiddetta “Buona scuola” varata nel 2015 dal governo Renzi. Circa 60 mila docenti infatti sono stati assegnati di ruolo in sedi lontane da casa, spesso in regioni diverse e distanti dalla loro vita quotidiana e dai loro affetti. Qualcuno, una volta finito l'anno scolastico, ha fatto il viaggio a ritroso.

Le soluzioni

Per i rappresentanti dei lavoratori servono nuove graduatorie che consentano le nomine di ruolo e che stilino le classi di concorso coerenti con le esigenze dei territori. Al Nord Italia le liste per i professori di matematica sono vuote e i dirigenti scolastici delle elementari e delle medie devono chiamare gli ex alunni, candidati attraverso la messa a disposizione, a insegnare. I tempi tecnici non aiutano: per preparare un concorso ci vuole almeno un anno. Sul tema concorsi, l'ex parlamentare del Partito democratico spiega: “Risolto il problema dei precari, bisogno trasformare la scuola in un posto 'normale'. Quando hai bisogno di cento insegnanti di matematica fai un concorso per quei cento e qualcuno in più. E finché non hai esaurito quella lista, non se ne fanno altri”. Il neoministro dell'istruzione dell'esecutivo Conte bis, Lorenzo Fioramonti, in quota Movimento 5 Stelle, ha annunciato che  lavorerà a un concorso per il 2020 e che perfezionerà il decreto legge sul reclutamento fermo a un binario morto dal 6 agosto scorso. Il cosiddetto “salvaprecari” approvato in Consiglio dei ministri con la formula “salvo intese”. Il dl dell'ex titolare dell'Istruzione Bussetti, che era andato incontro alle richieste delle sigle sindacali, era rivolto a una platea di 24 mila docenti in attesa di stabilizzazione con almeno 36 mesi di servizio negli ultimi otto anni. Per loro erano state pensate due possibilità: un Percorso abilitante speciale (Pas) di un anno presso un ateneo italiano (corso dal costo di 3.000 euro); un esame basato su una prova scritta selettiva e una orale senza valutazione. Proprio da parte del Movimento però era arrivata l'accusa che fosse solo una sanatoria, a scapito della qualità e del merito.

Il principale effetto negativo di una scuola malata di lavoro precario è la mancanza della continuità didattica.  In un Paese con un tasso di abbandono scolastico dell'11,6%, secondo dati Istat sul 2017 e con scarse competenze nelle materie scientifiche e nella conoscenza delle lingue, garantire un percorso costante può servire almeno a tamponare queste emergenze formative. Inoltre si registra un aumento del numero degli studenti di nazionalità straniera, passati dal 9,3 al 9,7% della popolazione studentesca (842mila studenti). Questo richiede alla classe docente un impegno e anche una formazione maggiore, sforzo più gravoso per chi si trova nella condizione di un lavoro precario. Secondo Fioroni questo è uno degli aspetti più importanti per vincere una vera battaglia educativa e culturale: “Dovremmo trasformare il dovere dei docenti di aggiornarsi in un diritto all'aggiornamento dei docenti garantito dello Stato, investendoci un miliardo di euro”. Gli insegnanti devono essere dotati di strumenti sempre più raffinati di fronte all'evoluzione della conoscenza e della società, per farle capire ai nostri figli e nipoti.

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