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Con la rivoluzione in Autostrade cambia il destino di Alitalia

Nel capitalismo italiano ricorre frequentemente l’effetto domino. Ad un cambiamento nella concessionaria di un bene pubblico corrisponde una mutazione, spesso di segno contrario, in un settore collegato. E’ ciò che sta capitando lungo l’asse autostrade-vie del cielo. Con le dimissioni di Giovanni Castellucci (ex amministratore delegato di Atlantia) e sostenitore- tessitore del piano di salvataggio e rilancio di Alitalia, la partita per l'ex compagnia di bandiera torna a complicarsi. Senza Castelluci in cabina di pilotaggio la rotta per il piano Alitalia torna a farsi accidentata e difficilmente prevedibile. In Terris ha messo a confronto chi dell’ex compagnia di bandiera si è occupato a vario titolo. “L’uscita del top manager Castellucci da Atlantia, dopo 18 anni al vertice della capogruppo di Autostrade per l’Italia e degli Aeroporti di Roma, deve indurci a una serei di considerazioni anche sul futuro di Alitalia”, afferma il senatore di M5s Elio Lannutti, fondatore dell’associazione di difesa degli utenti Adusbef.  

Il capitalismo delle concessioni pubbliche

“Prima che Atlantia fosse nuovamente investita dalla bufera per i falsi rapporti sulla sicurezza dei viadotti autostradali, la trattativa su Alitalia era in stallo”, riferisce il Sole 24 ore. Ma sembrava pronta a imboccare la dirittura finale perché il nuovo governo Pd-M5S aveva abbandonato, parole del premier Giuseppe Conte, l’obiettivo di revocare la concessione autostrade al gruppo Atlantia (che scade nel 2038), optando per una revisione. Cioè si profilava un atteggiamento molto più morbido verso la società dei Benetton”. Il senatore Lannutti conosce bene Castellucci. “Undici anni fa abbiamo entrambi collaborato al  tavolo sulla sicurezza da cui è nato il tutor e il sistema di monitoraggio delle velocità che ha drasticamente diminuito il numero di incidenti sulla rete autostradale – osserva il fondatore dell’Adusbef -. Non è in discussione il valore del manager bensì il ruolo che il capitalismo delle concessioni pubbliche ha svolto in Italia dal governo Prodi in poi. Autostrade è stata per la famiglia Benetton che controlla il 30,25% di Atlantia, la gallina dalle uova d’oro. In 18 anni Castellucci ne ha fatto una fonte di ricavi clamorosi, facendole superare per redditività delle mega-imprese “over the top” come Google (23% di ritorno di capitale di Atlantia a fronte del  20% di Google)”.

L’utilità di un vettore nazionale

Qui torna di stretta attualità il destino dell’ex compagnia di bandiera tricolore. “Castellucci era stato finora il fautore dell’impegno di Atlantia in Alitalia – osserva Lannutti -. Dobbiamo fare attenzione, al di là dei conti economici, a trasportare nel vettore nazionale l’ideologia del profitto a tutti i costi del capitalismo delle concessioni pubbliche. Quei beni dello Stato sono stati regalati e quei capitalisti che ne hanno tratto immensi ritorni economici devono fare una pausa di riflessione e capire che non può essere tutto e solo guadagno. E già Atlantia controlla Aeroporti di Roma”. Aggiunge Lannutti: “Ho partecipato a numerose assemblee degli azionisti, anche in compagnia di Beppe Grillo, non vorrei dovermi rimpiangere l’etica del capitalismo di qualche vecchio boiardo di Stato del passato, considerando anche le voragini emerse nella manutenzione di autostrade”. Ha attraversato numerose stagioni di Alitalia  anche il presidente del Centro consumatori, Rosario Trefiletti. “Sono consapevole di essere minoranza in Italia ma credo fermamente che un vettore italiano sia necessario al sistema paese”, sottolinea Trefiletti che ricorda come, per esempio, in un convegno al Tempio di Adriano alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella sia emerso un dato di per sé risolutivo: “La sola città di Roma ha oltre 500 mila imprese e se a ciò uniamo la spesa turistica annua di 84 miliardi di euro (per metà legata ai visitatori stranieri) capiamo perché non si possa lasciare totalmente in mano a  compagnie estere un settore così strategico per l’Italia che vale il 5% del pil e il 6% dell’ocupazione”. Certo, riconosce Trefiletti, “i cittadini italiani sono giustamente stanchi di mettere miliardi in un vettore in cronica perdita, ma il problema è che non si è finora riusciti a risolvere la questione attraverso piani industriali efficaci e questa è una responsabilità dei fallimentari cda che si sono succeduti negli anni”.

Alleanze europee nei cieli

Una “occasione propizia”, secondo Trefiletti, è stata gettata al vento con il no ad Air France, interessata a diventare partner di Alitalia o ad assumerne il controllo. “Un conto è vendere tutto al Qatar, un altro è raggiungere un accordo con un’altra compagnia europea come Air France o Lufthansa per raggiungere un volume di affari che consenta di stare sul mercato – sottolinea Trefiletti -. Nel passato sono stati compiuti gravi errori, ora servono un piano industriale efficace e una programmazione a lungo termine. Non le solite soluzioni-ponte che traghettano da una crisi aziendale all’altra. Un vettore italiano è necessario al nostro tessuto imprenditoriale e al nostro turismo. E’ una questione prioritaria di interesse nazionale”. E invece “tutti i governi hanno messo una toppa all’ex compagnia di bandiera, senza gettare le basi per un futuro di autentica solidità: ricordo ancora il piano dell’allora ministro Corrado Passera e come andò a finire”, rievoca Trefiletti, persuaso che mantenere un vettore nazionale favorirebbe lo sviluppo economico dell’Italia.  Per questo “va cercata una partnership con un’altra compagnia aerea europea attraverso una soluzione italiana-comunitaria”.

La sesta proroga del governo

In ballo ci sono adesso proprio le conseguenze del rimpasto in Autostrade. “Tra i due dossier ci sono ampi vasi comunicanti – sottolinea il quotidiano di Confindustria -. Sta di fatto che Atlantia ha sempre frenato sulla partita Alitalia finché non ci sono state aperture sul dossier concessione per la controllata Autostrade per l’Italia”. Intanto ripartono le trattative per il salvataggio di Alitalia. C’è tempo fino al 15 ottobre per la presentazione dell’offerta vincolante e definitiva delle Ferrovie dello Stato per l’acquisto delle attività della compagnia. È la sesta proroga concessa dal governo e non è detto che sia l’ultima. “E il rimpasto in arrivo al vertice di Atlantia, il potenziale quarto socio della cordata Fs, potrebbe complicare le trattative in corso – evidenzia il Sole 24 Ore -. Atlantia era entrata ufficialmente in campo l’11 luglio scorso, quando il cda della società dei Benetton aveva dato mandato all’ad. Giovanni Castellucci di “approfondire la sostenibilità ed efficacia del piano industriale” della Nuova Alitalia, considerato l’interesse industriale di Aeroporti di Roma, controllata da Atlantia”. Ma i contatti tra Castellucci e il numero uno delle Fs, Gianfranco Battisti, erano cominciati già alla fine di marzo ed erano andati avanti con intensità, benché sotto traccia, per mesi. Ora la partita si riapre.

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