A Verona con Papa Francesco per parlare di pace

Papa bambini
Papa Francesco Foto @ GIULIANO DEL GATTO

Mi è piaciuta molto la scelta di mantenere aperta la città di Verona durante la visita del Papa. Scuole aperte, autobus funzionanti regolarmente. Un bel segno di laicità, visto che ci saranno apposite navette per portare i fedeli e gli altri interessati (Francesco non interessa soltanto ai fedeli) agli incontri con il papa che verteranno in particolare sul tema “pace e giustizia si baceranno”.

In queste parole trovo perfettamente riassunta tutta la difficoltà della pace, e della giustizia ovviamente. Nessuno vuole una pace ingiusta, ma siccome esiste anche la verità degli altri, non solo la nostra, la pace è un processo, che ci avvicina alla giustizia quanto possibile, sempre di più. Questo penso io, che non credo nell’irenismo della pace dei disarmati comunque. Ci sono dei frangenti in cui difendere la pace è anche difendere i propri figli, fratelli, dall’aggressore ingiusto. E’ quello che ci ha fatto capire Francesco dicendo, al riguarda del dramma ucraino, che “chi difende ama”.

Ancor più chiaro e illuminante è stato nel lontano 2015: il tempo vola sempre di più e il 2015, la guerra all’ISIS, ci sembra un passato remoto. In quei giorni tremendi, un collega gli chiese: “Come Lei sa, le forze militari degli Stati Uniti da poco hanno incominciato a bombardare dei terroristi in Iraq per prevenire un genocidio, per proteggere il futuro delle minoranze – penso anche ai cattolici sotto la Sua guida. Lei approva questo bombardamento americano?”. Il papa, che stava tornando dal suo viaggio in Corea ha risposto così: “Grazie della domanda così chiara. In questi casi, dove c’è un’aggressione ingiusta, posso soltanto dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo: fermare. Non dico bombardare, fare la guerra, ma fermarlo. I mezzi con i quali si potrà fermare, dovranno essere valutati. Fermare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo anche avere memoria! Quante volte, con questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista! Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore ingiusto. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, c’è stata l’idea delle Nazioni Unite: là si deve discutere e dire: È un aggressore ingiusto? Sembra di sì. Come lo fermiamo? Soltanto questo, niente di più”.

Credo che in queste parole ci sia un grande coraggio: parliamo infatti dell’ISIS e quindi di Mosul, dove c’erano molti cristiani perseguitati dai seguaci del sedicente Califfo, al-Baghdadi. E’ interessante soffermarsi sul suo nome da Califfo, che quasi nessuno ricorda più: Abu Bakr al Baghdadi. Lui ovviamente aveva tutt’altro nome, ma oltre a definirsi al Baghdadi (cioè di Baghdad, la capitale del Paese dove era nato e dove emerse) scelse in nome di Abu Bakr, che il nome del primo califfo della storia islamica. Passione del ritorno alle origini? No, desiderio di cancellare la storia. E’ esattamente il contrario di quello che pensa di Francesco, che parla di una Chiesa che vive nella storia, che sa discernere i segni dei tempi.

“Pace” e “giustizia” però oggi si vedono poco o nulla, così la sua testimonianza si fa importante e le parole che ho appena citato ci fanno da bussola. In un mondo impaurito, disorientato, frastornato da eventi impensabili, da azioni terribili, Francesco ci invita a non credere alle mitologie che ci parlano di buoni contro cattivi. Il male, lui lo sa di certo, è dentro di noi, e allora si può partire col piede giusto ma trovarsi presto a seguire quello sbagliato. Prendiamo il caso della guerra in Ucraina. Si poteva accettare la guerra imperiale russa? La mia personale risposta è, “no”! Ma quando è emerso un possibile e mi sembra onorevole compromesso con Mosca, perché è stato respinto? Forse è troppo semplice dire che “con questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista”. Le parole del papa non si riferivano a qualcosa che è accaduto tanti anni dopo, è chiaro. Ma il rischio di partire col piede giusto e trovarsi poi a seguire quello sbagliato esiste per tutti.

Voglio fare un altro esempio: quando Mosca intervenne in Siria forse partì col piede giusto, visto che intendeva combattere il terrorismo: ma ben presto, troppo presto, si è trovata a seguire il piede sbagliato, combattendo principalmente i siriani che chiedevano libertà e dignità. Ho fatto questi due esempi concreti perché dimostrano, a mio avviso, che lo stesso errore può essere fatto da attori opposti, o contrapposti.

Davanti a questi problemi enormi Francesco sin qui ha preferito fermarsi alla legittimità della “guerra difensiva”, ma il suo desiderio, come ha chiaramente indicato nel suo quarto messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, è quello di definire “la non violenza attiva”.

La pace dunque, mi sembra di capire, è davvero un “processo” da avviare e costruire nel tempo. Ma più che quel che ho da dire io al riguardo sarà più interessante sentire quel che ha da dire lui.