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Il vero problema dell’accordo sul nucleare in Iran

Lo scorso dicembre sono ripresi le trattative sul nucleare iraniano, che coinvolgono l’Iran e tutti i Paesi che avevano firmato lo storico accordo del 2015, quando a guidare gli Stati Uniti c’era ancora Barack Obama. Per capire come siamo ancora lontani da un orizzonte di negoziato vero e proprio, basta dire che le due delegazioni non si parlano direttamente. I due negoziatori si fanno scudo di sollecitazioni che sanno benissimo non essere accettabili né da una parte né dall’altra, questo nella speranza che uno dei due inizi a cedere.

In questo clima di stallo iniziale non c’è molto tempo: secondo le analisi fatte in diverse parti, emerge che l’Iran – che in questi anni in cui è stato tagliato fuori dagli Stati Uniti – ha continuato nell’arricchimento dell’uranio e nelle altre ricerche che servono per arrivare ad avere un ordigno nucleare, fermo restando che gli Usa non si opposero al fatto che l’Iran possedesse un “nucleare civile”, ma quello che si sta producendo in questo momento sono una sequenza di fasi che, se non verranno interrotte, dovrebbero dare all’Iran la capacità di costruire la bomba e quindi ignorare un accordo che non ha mai chiesto di fermare tutto, ma di rallentare e seguire un calendario.

Dopo il periodo di Trump, che ha fatto di tutto per incrementare le sanzioni, oggi abbiamo Biden che chiede all’Iran di dare un segnale di buona volontà per poter procedere a una riduzione delle sanzioni. Gli iraniani, invece, chiedono tutto e subito per cominciare. E’ chiaro che gli Usa non possono cedere. Quanto durerà il braccio di ferro. Il tempo stringe. Oggi abbiamo una parte dei media statunitensi che criticano l’operato di Trump, altri che chiedono insistentemente a Biden di usare la minaccia militare perché così, secondo la loro tesi, non si va da nessuna parte.

Il discorso è molto complicato, anche perché sul piano regionale, l’Iran sta incontrando delle ombre sulla sua strada. Se fino all’altro giorno poteva dire di controllare il Libano, la Siria, l’Iraq, lo Yemen… una sorta di “assedio” a tutto il Golfo, oggi oltre al tentativo di Riad di stemperare questo conflitto annoso, degli Emirati che stanno facendo un po’ da battistrada, il Libano è in condizioni disastrose. L’Arabia Saudita ha fatto sapere che è disposta a sostenere la ripresa del Paese dei Cedri se Hezbollah riduce la sua presenza, stessa cosa in Siria e in Iraq, dove tra l’altro, le manifestazioni anti-Iran sono molto forti. C’è anche Israele che continua a minacciare l’Iran, ma è chiaro che non lo farà mai senza l’assenso americano, anche perché qui si tratta di attaccare siti nucleari, non è uno scherzo.

L’Europa sta cercando in tutti i modi di rendere fattibile questi negoziati. Qual è il vero problema che ruota attorno a questo scenario? Un Iran che, nel momento in cui entrasse nel “profumo del nucleare”, potrebbe dar vita a una catena di Paesi che cercherebbero di imitarlo nella corsa all’armamento nucleare. L’Europa ha difeso, e sta difendendo a tutti i costi il Jcpoa, ma è chiaro che il “pallino” è nelle mani di Biden. Speriamo che alla fine ci sia almeno un piccolo pertugio su cui continuare a ragionare: finché c’è una trattativa in corso, le armi tacciono.

Armando Sanguini: