Il risultato emerso dalle urne tedesche è, dal punto di vista del cambiamento, abbastanza netto, anche se per la prima volta nella storia della Repubblica federale tedesca nessun partito è arrivato al 30%. Non si farà quindi un governo “a due”, come è successo per molti anni quando la CDU, il partito della cancelliera uscente Angela Merkel, poteva scegliere il suo partner nell’esecutivo, ma a tre, includendo Verdi e Liberali.
Il primo partito in termini di voti è quello socialdemocratico (SPD), che con il 25,7% ha superato l’unione tra CDU e la forza bavarese CSU. Lo scarto è ridotto, ma dà la possibilità alla SPD, che è stata sempre il secondo partito all’interno della Grosse Koalitione degli ultimi 12 anni, guidata dal ministro delle Finanze Olaf Scholz, di formare il governo. La sua non è figura briosa o carismatica ma è comunque rassicurante e dialogante. Ed è l’uomo che ha messo la firma sul Recovery fund.
L’ultima volta ci vollero sei mesi per la nascita del nuovo esecutivo, i tempi di solito sono molto lunghi perché si esplorano e si cerca di capire quali possano essere le possibilità. Stavolta si cercherà di accelerare, anche perché il prossimo anno la Germania presiederà il G7.
Dopo ogni elezione federale c’è il gioco giornalistico di formare combinazioni con i colori dei partiti per la nascita del governo. La più probabile stavolta è quella detta “semaforo”, dal rosso dei socialdemocratici, il giallo dei liberali e il verde della forza ambientalista. Liberali e Verdi faranno parte del prossimo governo, per cui bisognerà trovare un’unione tra i programmi e mediare per l’assegnazione dei ministeri. I socialdemocratici, forza di centrosinistra, hanno una visione della politica economica in chiave più assistenziale, i liberali sono a favore della libera impresa e di una minore spesa pubblica e puntano al ministero dell’Economia, i verdi invece vorrebbero finanziare con le tasse la transizione ecologica e ambirebbero al dicastero dell’energia. Se fallisse la possibilità del governo “semaforo”, potrebbe tornare in gioco la CDU, a cui i liberali sono vicini in termini di politica economica.
La Germania ha però la vocazione a mettere sempre il Paese al centro. Al di là di ogni litigiosità, il punto di caduta è l’interesse di tutti per il sistema-paese. Siamo in un momento storico e in un contesto molto diverso rispetto a cinque anni fa. La Germania guiderà il G7 il prossimo anno e non intende lasciare scoperto troppo a lungo il proprio ruolo in Europa, quando dopo il Covid ci sarà da gestire la fase della ripresa e in ambito europeo si cominceranno a discutere le regole economiche.
Per la Germania la vera scommessa è dimostrare di essere così forte, come lo è diventata negli ultimi 16 anni, da sopravvivere all’addio della Merkel.