Il tentativo della opposizione in Venezuela di mettere in ginocchio l’odiato regime di Maduro, è nuovamente fallito. I morti ancora una volta si sono contati a decine, mentre migliaia sono rimasti feriti a causa della spregiudicata repressione operata dal governo. Ora si spera in un moto internazionale che vada in soccorso di quegli eroi della democrazia e della civiltà.
Ma finora tutti sono rimasti in silenzio, persino il vulcanico Trump che farebbe bene a dire qualcosa per una regione considerata il suo giardino di casa. Tanta distrazione verso quella parte del globo è inspiegabile, specie quando crisi di quel livello vengono seguite incessantemente dalla diplomazia è dall’opinione pubblica mondiale, pronte a mobilitarsi in momenti come questi.
Continua così il dramma del Venezuela, stretto nella morsa di ferro di un Governo che lo ha demolito sotto ogni punto di vista: moralmente, economicamente, democraticamente. Il regime ha prodotto un vero e proprio cataclisma da quando iniziò ad opprimere il popolo con la presidenza Chavez. Negli anni, Caracas, da capitale di prim’ordine degli affari, si è trasformata in centrale di coordinamento di tutti i governi della sinistra radicale dell’America del sud e in luogo di finanziamento del terrorismo, non solo regionale.
Basti vedere chi sono stati i consulenti internazionali, prima di Chavez, poi di Maduro. Tutti ideologi di sinistra estrema – tra cui anche Tony Negri – chiamati a redigere la costituzione truffa fatta approvare qualche anno fa. Il regime, forte dei giacimenti di petrolio “extrapesante” della fascia dell’Orinoco – dalla qualità paragonabile allo shale oil statunitense – ha usato questa ricchezza per una politica estera dissennata, e ha distrutto interamente, uno per uno, tutto il sistema produttivo ed economico del paese. Una pretesa “grandeur bolivariana” intestata abusivamente al “Libertador” Simon Bolivar. Il condottiero che rese autonoma grande parte del continente sudamericano agli albori dell’800 dalla Spagna, era infatti liberale. Invece Chavez e Maduro non sono altro che epigoni del comunismo mondiale. Come tutti i regimi di estrema sinistra finora conosciuti, ha devastato l’economia di quel Paese, imprigionando e uccidendo gli oppositori. Sono lontani i tempi dei turisti Venezuelani che si recavano in Florida forti del Bolivar (la moneta nazionale) per acquisti convenienti, visto che era valuta persino più forte del dollaro. L’attuale rapporto è invece 1 dollaro per 9.9875 Bolivar.
Questo degrado è stato reso possibile dallo sperpero infinito di risorse non solo per finanziare i rapporti con altri Paesi simili, ma anche a causa di continui interventi interni, dichiarati contro la povertà, ma che in verità sono stati lo stratagemma per accattivarsi le simpatie del popolo, al quale più che offrire lavoro, conseguenza di politiche di investimenti virtuose, si sono offerti regali in stile panem et circenses.
Gli italiani residenti in Venezuela sono davvero tantissimi, e nei tempi migliori sono stati il caposaldo più importante imprenditoriale di quella nazione, all’epoca davvero la più ricca del continente del sud. Tempo fa – mentre ero impegnato a Caracas con le organizzazioni anti Chavez – durante alcune riunioni con loro ho potuto rendermi conto personalmente del dramma che stanno vivendo le loro aziende, oramai collocate in un contesto economico rarefatto. Molti di loro, privi di prospettiva, vorrebbero tornare in Italia, ma non possono farlo. In effetti sono liberi di partire e ritrasferirsi nel loro Paese d’origine, ma è vietato vendere le loro proprietà e ricollocare i proventi in Stati diversi dal Venezuela. Così sono costretti a rimanere e a vedere le loro proprietà sfarinarsi progressivamente.
L’auspicio è che le autorità Italiane si occupino di loro; finora il presidente Gentiloni è stato in silenzio ma ci si aspetta che dica qualche parola, a favore di chi si batte per la democrazia, in mezzo a tanto sangue e repressione, e sulla condizione dei tanti nostri connazionali. Ma come attendersi manifestazioni di sdegno contro il regime venezuelano nell’italietta militante delle libertà civili, sociali e democratiche, che qualche anno fa accolse con fervore internazionalista l’applauditissimo Chavez a Milano, in un comizio grottesco durato 3 ore?
L’unica speranza è una presa di posizione forte da parte di Papa Francesco che dia conforto a quel popolo e lo inciti a resistere ai colpi della dittatura. Finora si è mostrato alquanto cauto, eppure dovrebbe sapere più di altri i danni gravi che il chavismo ha prodotto sinora. Guai che hanno riguardato anche la sua Argentino, la cui ex presidente Cristina Elisabeth Fernandez de Kirchner, era una fervente seguace del “Caudillo rosso sudamericano”.