C’è un giudice in Lussemburgo. E non avevamo dubbi che la Corte di Giustizia dell’Unione europea avrebbe dato ragione a Italia e Grecia e legittimato le decisioni dell’Europarlamento e del Consiglio sui ricollocamenti dei migranti. Il ricorso presentato da Slovacchia e Ungheria, con la difesa d’ufficio del governo polacco, è stato “integralmente” respinto a dimostrazione che la politica di accoglienza deve essere condivisa in uno spirito di solidarietà.
La sentenza rafforza la risposta europea e pone le basi per avviare procedure d’infrazione nei confronti dei Paesi che si tirano indietro. Non è tutto, ma non è poco. Significativo il fatto che nel procedimento siano intervenuti molti Paesi a sostegno delle posizioni del Consiglio europeo: Germania, Francia, Italia, Grecia, Belgio, Svezia e Lussemburgo hanno difeso la politica di “relocation” che per la Corte “contribuisce in modo proporzionato a far sì che Grecia e Italia possano far fronte alle conseguenze della crisi migratoria del 2015”. Salvato il principio, e riaffermata la base giuridica del provvedimento, adesso occorre procedere speditamente alla distribuzione delle quote assegnate a ciascun paese.
Insomma, c’è un giudice in Lussemburgo con buona pace di xenofobi e populisti. E questo giudice ha riaffermato che chiedere più Europa è possibile anche con gli strumenti a disposizione. Certo, non sarà questa sentenza a risolvere il dramma dell’immigrazione, ma di certo è un tassello per rispondere con solidarietà e umanità alla richiesta di povera gente in cerca di una vita migliore.
La crisi migratoria continua ad essere una drammatica emergenza ma dopo anni di immobilismo finalmente l’Europa comincia a muoversi. Adesso lo sguardo deve andare più là, dove la vita dei migranti è in pericolo e dove Europa e Nazioni unite non possono voltarsi dall’altra parte.