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Unità ed umanità, ecco l’America del cattolico Biden

“In un momento in cui le gravi crisi che affliggono la nostra famiglia umana richiedono risposte lungimiranti e unitarie, prego che le vostre decisioni siano guidate dalla preoccupazione di costruire una società caratterizzata da autentica giustizia e libertà, insieme all’immancabile rispetto per i diritti e la dignità di ogni persona, specialmente dei poveri, dei vulnerabili e di coloro che non hanno voce”.

Con queste parole, Papa Francesco ha salutato l’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca. E Biden non si è fatto attendere su una decisione di “rottura” con la precedente amministrazione Trump: una “road map” per condurre alla cittadinanza” i circa 11 milioni di immigrati che vivono negli Stati Uniti illegalmente.

La stessa proposta renderà permanente il Daca, il programma che protegge dalla deportazione circa 645.000 dreamers, arrivati negli Usa da bambini e che Donald Trump ha tentato di eliminare. Biden ribadirà anche lo status di protezione temporanea, che consente permessi di lavoro a persone provenienti da Paesi colpiti da disastri naturali o conflitti armati.

Il nuovo capo della Casa Bianca intende infine abbandonare i “protocolli per la protezione dei migranti” voluti da Trump, che hanno già costretto decine di migliaia di richiedenti asilo ad aspettare in Messico le udienze per l’immigrazione degli Stati Uniti. Una politica di “tolleranza zero” che ha portato anche alla separazione di migliaia di bambini dai loro genitori. Biden si è inoltre impegnato a interrompere immediatamente la costruzione del muro di confine tra Stati Uniti e Messico, che Trump ha pubblicizzato come un risultato importante durante una visita in Texas pochi giorni prima di lasciare l’incarico.

Si tratta, indubbiamente, di una scelta coraggiosa, oserei dire epocale, perché restituisce dignità a milioni di persone, incoraggia le minoranze presenti negli Stati Uniti d’America, offre una nuova prospettiva a tutti coloro che vedono in quel Paese un’ancora di salvezza e una prospettiva per il futuro.

Segnala il superamento dei nazionalismi che stanno creando separazione e segregazione, stanno alimentando guerre e divisioni, stanno costringendo chi fugge dalle sopraffazioni umane e sfide epiche, spesso con un destino efferato. La scelta di apertura del nuovo Presidente rivela, senza dubbio, un orientamento verso le grandi sfide per una umanità nuova, offre una prospettiva all’esigenza di una “riconciliazione” rispetto ad un quadriennio contrassegnato da divisioni, esercizi di forza, ferite profonde.

C’è un’America che ha svelato un volto discriminante, ha fatto vedere come le varie forme di razzismo non sono superate, semmai sopite, ha rivelato un “nazionalismo oscuro” che non vuole l’integrazione pacifica degli uomini e delle donne che abitano il Paese. L’assalto senza precedenti al Campidoglio del 6 gennaio non è stato solo un gesto solidale con il presidente uscente, ma il segnale esplicito di un “mal di pancia” di una democrazia fragile, di una violenza strisciante che è esplosa.

Frattanto ha imperversato la pandemia, con milioni di malati e 400.000 vittime, rivelando una fragilità sociale inattesa per una superpotenza mondiale. Ecco perché è importante sanare le ferite, aprire le frontiere, mostrare il volto accogliente degli Stati uniti d’America, creare un percorso di riconciliazione interna ed esterna, eliminare le guerre e la pena di morte, puntando tutto sul “rispetto per i diritti e la dignità di ogni persona, specialmente dei poveri”.

“Unite the world”, potrebbe essere lo slogan per segnare davvero un nuovo percorso di fratellanza universale, di apertura a quanti sono esclusi dai normali itinerari economici, di solidarietà verso le popolazioni più povere o in guerra.

Chiedo anche a Dio, fonte di ogni saggezza e verità, – scrive ancora Papa Francesco a Jo Biden – di guidare i vostri sforzi per favorire la comprensione, la riconciliazione e la pace negli Stati Uniti e tra le nazioni del mondo, al fine di promuovere il bene comune universale.

Abbiamo davvero bisogno di questo nuovo corso, di questa umanità rinnovata e l’auspicio è che sia il segno distintivo della politica americana dei prossimi anni.

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