Ci sono due aspetti fondamentali nel terribile attentato di Manchester. Il primo è legato alla globalizzazione, che sta producendo società sempre più multietniche. L’autore della strage era un cittadino britannico proveniente da una famiglia libica. Un inglese responsabile della morte di altri inglesi. Il secondo riguarda l’uso distorto della fede. Il killer, raccontano alcuni suoi vicini di casa, pregava. Ma la religione non dovrebbe essere uno strumento di morte. Dovrebbe, invece, essere un mezzo per aiutare gli altri, per soccorrerli.
Ci troviamo per l’ennesima volta di fronte al fanatismo più bieco, che si serve della religione per diffondere odio tra schegge impazzite, spesso giovani. La fede, così, si trasforma in terrore. Sarebbe dunque importante che ci fosse una presa di posizione forte da parte del mondo islamico. Come Papa Francesco ha più volte detto sarebbe un grande dono se le tre grandi religioni monoteiste trovassero dei punti in comune, come ad esempio i Dieci Comandamenti. Questa potrebbe essere una base comune, forte sulla quale educare i bambini e i giovani. Ricordiamo che, in episodi come quello di Manchester, non solo si uccide ma ci si suicida, mostrando un vero e proprio disprezzo per la vita. In momenti come questo è importante avere speranza, non rispondere alla violenza con la violenza. E’ fondamentale monitorare e segnalare alle forze dell’ordine le persone che si comportano in modo sospetto, con atteggiamenti aggressivi.
Importante è non confondere il terrorismo col fenomeno della migrazione. I profughi continueranno ad arrivare perché fuggono da violenze, guerre, estremismi e povertà. Si tratta di una realtà che va compresa e accolto, ma va anche canalizzato. E’ necessario sostenere la cooperazione internazionale nei Paesi africani e in quelli del Medio Oriente, dando a queste persone l’opportunità di avere un futuro e un lavoro con cui sostenere se stessi e le loro famiglie.
I migranti dovrebbero arrivare attraverso i corridoi umanitari, per poterne individuare la fonte. In seguito bisogna pensare alla loro accoglienza: in Italia e in Europa. Dovrebbero essere accolti in piccoli gruppi, dieci, quindici, in paesi di 20-30 mila abitanti. Così avrebbero maggiori possibilità di inserirsi e integrarsi veramente.
Il fenomeno migratorio, nel periodo che viviamo, è legato in particolare alla situazione di profonda instabilità politica nella quale versa il Medio Oriente. Penso alla Siria, all’Iraq e ai difficili rapporti tra Israele e Palestina. Noi come Comunità Papa Giovanni siamo presenti in questi Paesi e anche in Libano. Qui cerchiamo di costruire ponti con il dialogo. In questi luoghi c’è la necessità di tessere la trama della non violenza praticata, che in fin dei conti è quello che vuole la povera gente. Bisogna che tutti si impegnino per risolvere questi conflitti e anche l’Italia deve smettere di vendere le armi.