L’orrore non conosce limiti e l’istinto bestiale dell’uomo si esprime in mille forme, per questo, l’ultimo video diffuso dall’Isis, nel quale si vede un padre uccidere la propria figlia accusata di adulterio, provoca un sussulto di preoccupato sbalordimento. La pratica della lapidazione, ancora oggi purtroppo diffusa in alcune parti del mondo, c’invita a riflettere. Non può essere, e non è, un derivato di credenza religiosa; non può configurarsi come un esemplare lezione di giustizia; non può significare un modo di punire o correggere persone che sbagliano, che peccano. E’ semplicemente un comportamento aberrante, spia di quell’impazzimento umano, che si verifica quando si perde il senso vero di Dio, e quindi del rispetto per l’uomo, e ancor più per la donna.
Molte considerazioni si affollano nella mente. Mi limito a proporre alcuni interrogativi, che frullano nel mio spirito, inquietanti e scoraggianti. Perché nell’epoca dell’affermazione dei diritti cosiddetti civili, si registrano episodi di questo tenore? Perché la comunità internazionale è impotente dinanzi a tali pratiche omicide? Come spiegare che nell’epoca della piena emancipazione della donna, ci sono sacche di barbarie come queste? Non intendo dare risposte a queste domande. Mi permetto però allargare la nostra riflessione. Si parla molto di progresso sociale, eppure si è costretti dalle cronache quotidiane a commentare episodi che rivelano un ritorno alla barbarie, e non mi riferisco solo a questi di cui stiamo parlando. Si ha come l’impressione che questa nostra civiltà globale stia implodendo, e nella deflagrazione delle sue certezze e dei suoi ideali, emergono rigurgiti d’inciviltà, che sono disprezzo per l’uomo e mostrano i segni di una violenza figlia della solitudine, dell’incomunicabilità e della carenza di felicità.
Nati per essere abitanti d’una terra che da Dio era stata concepita come casa di tutti, ci ritroviamo imboscati in una giungla dove spesso la ferocia prevale sulla ragione, l’odio sull’amore e la violenza diviene il linguaggio esasperato di chi ha perso la ragione e il senso del limite. Un motivo di fondo c’è, e va detto con umile fortezza. Questo mondo mostra segni di follia e di ferocia animalesca, imbastardita talora da richiami erroneamente religiosi, perché ha perso la conoscenza del vero volto di Dio, e non vive più in comunione con Lui. Quando si stacca dalla pianta, il ramo si secca e muore. La nostra civiltà muore per mancanza di ossigeno di pace, la cui sorgente è solo nel cuore di quel Dio, che nella Bibbia si è rivelato padre e tenero nella sua misericordia. E’ inutile, a questo punto, meravigliarsi e gridare allo scandalo.
Se non ritorna l’amicizia con il Padre di tutti, si fa fatica a capire che siamo fratelli, e che nessuno può uccidere o colpire con violenza l’altro nel suo nome. Peggio, credendo e affermando che sia Lui a volerlo, oppure agendo come se Lui non ci fosse. Se si vive in armonia con Dio, si opera il bene e si può costruire, con tutti i limiti del cammino faticoso delle nostre esistenze, un mondo solidale e fraterno.
Mons. Giovanni D’Ercole
Vescovo di Ascoli Piceno