La voce degli ultimi

sabato 2 Novembre 2024
21.3 C
CittĆ  del Vaticano

La voce degli ultimi

sabato 2 Novembre 2024

Un carcere “a misura d'uomo”

Navigando in rete, casualmente, mi sono imbattuta nel ā€œcarcere possibileā€, un concorso promosso recentemente da alcuni giovani imprenditori edili di una regione italiana diretto a premiare la migliore idea per un ā€œcarcere idealeā€. Il premio, in alcune migliaia di euro, era stato assegnato ad un gruppo di architetti che avevano progettato unā€™avveniristica struttura su cinque livelli a forma di cristallo di ghiaccio. Questa struttura, al suo interno, prevedeva ampi spazi ecosostenibili destinati a officine e laboratori che permettevano una collaborazione sinergica con le vicine imprese tessili e tipografiche le quali si sarebbero avvalse del lavoro dei detenuti al fine di promuoverne il recupero e la rieducazione.

Mi sono chiesta, ma se oggi questa idea ā€œutopisticaā€ si fosse concretamente realizzata? Se in qualche luogo ci fosse il ā€œcarcere idealeā€? Forse avremmo avuto meno suicidi nelle nostre carceri; forse avremmo avuto meno reati consumati nelle nostre carceri; forse non avremmo avuto il 18 settembre del 2018, una bambina di appena quattro mesi morta e il suo piccolo fratellino di soli due anni ridotto in fin di vita, per mano della loro giovane mamma detenuta nel nostro carcere, ā€œQuis Novit?ā€. Non sapremo mai quali motivi, quali sofferenze e quale esasperazione ĆØ culminata nei tragici gesti di questi uomini e donne. Un dato ĆØ certo, sappiamo che la condizione carceraria italiana sta vivendo momenti difficili, mai come oggi ĆØ necessario concentrare le forze e le competenze per dettare nuove regole, per creare dei modelli dove possano convivere con serenitĆ  e tranquillitĆ  24 ore su 24, 365 giorni allā€™anno, detenuti e lavoratori del pianeta carcere.

Dopo lā€™emanazione della Legge Gozzini (1986) e in seguito a un cambiamento radicale del comune pensare a proposito della condizione detentiva in carcere, sempre di piĆ¹ il legislatore sotto la spinta dalle emergenze connesse al cronico sovraffollamento delle carceri e alla difficoltĆ Ā di realizzarne delle nuove, il piĆ¹ delle volte a causa dellā€™esiguitĆ  degli stanziamenti per lā€™edilizia carceraria, ha tentato di modificare in meglio la vivibilitĆ  e la condizione generale dei detenuti. Si sono susseguite una moltitudine di norme, che, in questi ultimi decenni, in attuazione alle raccomandazioni internazionali, ha concesso ai detenuti non solo la fruizione di pene alternative al carcere (cd. extramoenia), come lā€™affidamento ai servizi sociali o la concessione degli arresti domiciliari anche con strumenti di controllo a distanza come il cd. braccialetto elettronico, ma haĀ ampliato soprattutto la possibilitĆ  per il detenuto condannato in carcere, di poter accedere al trattamento volontario (con il suo assenso) finalizzato al suo recupero e reintegro nella societĆ , anche attraverso lo studio e il lavoro in carcere e di poter ottenere la tanto ambita semi-libertĆ . Tutto ciĆ², ferme restando, naturalmente e in primis, le esigenze di sicurezza e il rispetto dellā€™Ordinamento penitenziario.

Non basta, prevedere, ideare, progettare e realizzare una costruzione sicura, ovvero unā€™area protetta da un muro di cinta perimetrale e da un filo spinato, al cui interno vivono i detenuti; bisogna anche fornire tale struttura di tutti i servizi e gli spazi necessari per le finalitĆ  relative sia alla detenzione (espiazione della pena) che al trattamento del detenuto/condannato, prevedendo locali e siti idonei alla ricreazione (ora dā€™aria), allo studio, al lavoro, alla socialitĆ . Il futuro ĆØ ripensare ad un carcere a ā€œmisura dā€™uomoā€ dove lā€™espiazione della pena non si traduca in una segregazione, in un abbandono del detenuto a se stesso, ma che sia ā€œesigenza necessariaā€ che accompagni gradualmente al pentimento e alla rieducazione, in piena sintonia con un importante passo biblico che ci ricorda ā€œRavvedetevi dunque e convertitevi, perchĆ© i vostri peccati siano cancellati e affinchĆ© vengano dalla presenza del Signore dei tempi di ristoro.ā€ ( Atti degli Apostoli 3:19-20)

Il carcere serve dunque al ravvedimento e alla conversione del detenuto. Di carcere non si puĆ² morire e nel carcere non si deve morire. Infatti, secondo una solida letteratura scientifica, si rileva, che lā€™inserimento continuativo in carcere, puĆ² avere ricadute negative sul piano psicofisico dei soggetti sottoposti, che puĆ² esprimersi anche in forme patologiche e in genere in un danno alla persona, nella maggior parte dei casi di carattere permanente, quindi, pericoloso anche per la societĆ  (il carcere come lā€™ultima pena corporale). Nel prendere atto di tali risultati negativi, di recente si ĆØ andata sviluppando una maggiore sensibilitĆ  ed attenzione nel non esasperare le situazioni di rischio (tentativi di suicidio o di autolesionismo) evitando la prassi molto diffusa, delle prolungate chiusure in cella. Da ciĆ², la tendenza sempre piĆ¹ frequente, da parte di tutti gli operatori giudiziari (dal magistrato al direttore del carcere) a coinvolgere il sevizio sanitario interno al circuito penitenziario in modo che lo stesso possa dare indicazioni adeguate, affinchĆ© gli operatori giudiziari e penitenziari abbiano contezza delle situazioni di rischio per i detenuti e quindi si attivino per prevenirle.

Se perĆ² da una parte ĆØ forte lā€™esigenza di una gestione ottimale delle nostre carceri e degli ā€œospitiā€ detenuti, attraverso spazi e servizi ideali e inalienabili, dallā€™altra vi sono due punti fissi, perĆ², che bisogna sempre ricordare: la sicurezza e il rispetto dei lavoratori penitenziari. Quindi in un modello ideale di carcere, in un giorno prossimo, potrĆ  non essere piĆ¹ un'utopia ma una realtĆ  costruita su una struttura a cinque livelli a forma di cristallo, dove le giovani mamme e i loro piccoli bambini (esseri che nessuna colpa devono espiare ma che sono costretti a vivere come reclusi e che come reclusi finiscono per morirvi) possano davvero sentirsi ā€œaccoltiā€; una realtĆ  costruita non piĆ¹ ai margini del territorio e della societĆ , ma nellā€™immediata periferia delle nostre cittĆ  e, ove possibile, vicina ai tribunali, alle scuole, agli ospedali e alle caserme. Una realtĆ  al centro del nostro vivere quotidiano per non essere piĆ¹ quel lontano e dimenticato pianeta.

Bernadette Nicotra – magistrato del Tribunale penale di Roma

ARTICOLI CORRELATI

AUTORE

ARTICOLI DI ALTRI AUTORI

Ricevi sempre le ultime notizie

Ricevi comodamente e senza costi tutte le ultime notizie direttamente nella tua casella email.

Stay Connected

Seguici sui nostri social !

Scrivi a In Terris

Per inviare un messaggio al direttore o scrivere un tuo articolo:

Decimo Anniversario