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Tutti contro tutti

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Nel baratro della crisi, lavoratori l’uno contro l’altro armati, operai contro poliziotti, persone che si battono per il lavoro contro altre che per mestiere devono eseguire ordini, non sempre chiari. Una guerra fra poveri insomma. E poi scontri di piazza, sassi da una parte, manganellate dall’altra. Ma non basta. Sindacati contro partiti, urla scomposte, anche e soprattutto nel dibattito politico, che facilmente fanno perdere di vista il nodo centrale del problema: decine, centinaia di famiglie che rischiano di perdere tutto.

Non è il caso qui di distribuire colpe o ragioni per gli incidenti dei giorni scorsi a Roma a margine della vertenza Ast, ci saranno le indagini per questo. Quel che interessa semmai è notare quanto il punto chiave della vicenda rischi di essere perso di vista. La tentazione, fortissima, da ambedue le parti, governo e sindacato, è quella di sfruttare gli scontri di piazza, le violenze, per trarre vantaggio per la propria posizione. Il governo manganella gli operai, si è letto nelle dichiarazioni dei giorni scorsi di leader come la Camusso o Landini. La Cgil non strumentalizzi la piazza, la replica di Palazzo Chigi.

In mezzo, praticamente dimenticate da tutti, restano le vertenze che hanno dato origine alle proteste, quella del’Ast, o quella di Meridiana, che vede altre migliaia di lavoratori a rischio e scioperi della fame. Con un pericolo che nessuno pare abbia ancora considerato: che pur di conquistare le prime pagine dei giornali sempre più i manifestanti scelgano la strada della violenza. L’unico modo per non essere ignorati.

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