L’estate funestata da incendi e alluvioni, il caldo record in molte zone del mondo e le grandinate senza precedenti, ci ricorda l’urgenza della questione della tutela dell’ambiente e della sfida dei cambiamenti climatici. In un momento di spensieratezza e riposo siamo dunque tutti nuovamente chiamati alla responsabilità personale. Credenti e non possono attingere al magistero di Papa Francesco che è intriso di elementi di ecologia integrale che culminano nell’enciclica Fratelli tutti.
Le sorti del nostro pianeta dipendono dall’atteggiamento di tutti i Paesi e i popoli del mondo che intrecciano il loro destino nella custodia della casa comune, quel creato così fragile, complesso e meraviglioso che Dio ha consegnato a tutti gli uomini. Nei suoi interventi Francesco ha ricordato più volte che è necessario produrre e consumare diversamente, proponendo un cambiamento nello stile di vita, nell’uso delle risorse, nei criteri di produzione e anche nel consumo. Il Pontefice mette al centro di questo cambio di atteggiamento l’uomo, i suoi bisogni e il rapporto armonico tra di esso e la natura, non è un caso che in una delle ultime udienze generali abbia sottolineato che “i nostri fratelli più poveri e la nostra madre terra gemono per il danno e l’ingiustizia che abbiamo provocato e reclamano un’altra rotta. Reclamano da noi una conversione, un cambio di strada: prendersi cura anche della terra, del creato”.
E ancora appena lo scorso 17 luglio Il Santo Padre ha incoraggiato i Frati Minori Francescani, impegnati nel capitolo generale, a “ad andare verso una creazione ferita, la nostra casa comune, che soffre di uno sfruttamento distorto dei beni della terra per l’arricchimento di pochi, mentre si creano condizioni di miseria per molti”.
La globalizzazione dell’economia e le ripercussioni planetarie del riscaldamento globale chiedono un’azione comune che non è più rinviabile. Molto è stato fatto dai Paesi europei che hanno ridotto le emissioni di gas serra ponendosi a capo fila nella lotta al cambiamento climatico. Lo scorso 14 luglio la Commissione europea ha adottato il pacchetto climatico “Fit for 55”, che indica le proposte legislative per raggiungere entro il 2030 gli obbiettivi del Green Deal. In particolare, la riduzione delle emissioni del 55% rispetto ai livelli del 1990, con l’obbiettivo di arrivare alla “carbon neutrality” per il 2050.
Tutti questi sforzi potrebbero però rilevarsi inutili o non quanto meno non sufficienti senza l’impegno dei Paesi in via di sviluppo, come i giganti asiatici Cina e India, che al momento concorrono alla maggior parte delle emissioni inquinanti rilasciate nell’atmosfera. D’altra parte non è un mistero che la globalizzazione dell’economia ha portato al trasferimento dell’industria pesante e di molte altre produzioni nei Paesi con il più basso costo di mano d’opera e minori vincoli per la tutela ambientale. Molte multinazionali nate in Occidente, hanno ormai sedi legali in paradisi fiscali e impianti produttivi in diverse regioni del mondo in via di sviluppo. Soggetti difficili da imbrigliare nelle regole delle legislazioni all’avanguardia.
Per questi motivi la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP26), in programma a Glasgow per novembre, è un appuntamento cruciale. Anche Francesco ha guarda a questo evento, auspicando che si trovi “un’intesa efficace per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico”. L’attenzione è tale che nei giorni scorsi è rimbalzata dalla Scozia la notizia che il Papa potrebbe recarsi a Glasgow per una breve partecipazione ai lavori della conferenza.
Di sicuro le parole di Francesco hanno un peso non indifferente sui negoziati che anticipano la Cop 26. Uno degli strumenti più dibattuti è la Cbam, ovvero la tassa da applicare alle importazioni a forte carico di emissioni, per pareggiare i costi dei beni importati con quelli dei beni prodotti nella Ue e sottoposti agli oneri antiemissioni. In pratica un dazio contro i prodotti inquinanti che potrebbe spingere pechino a rinnovare il suo sistema produttivo.
Dalla Cina arrivano timide aperture che fanno ben sperare: il governo ha annunciato il varo di un suo specifico mercato delle emissioni, con penalizzazioni per le aziende che ne producono di più. In ogni caso i grandi della terra dovranno evitare una guerra commerciale che colpisca nuovamente i più poveri. La salvezza del creato non può essere perseguita a discapito di nessuno.