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I temi economici che il governo dovrà affrontare dopo la pausa estiva

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Foto di Mathieu Stern su Unsplash

Lunedì si riunirà il Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva, funestata da eventi imprevisti e imprevedibili. Prima di mettere mano alla sessione di bilancio è previsto un vertice di maggioranza che dovrebbe impostare le priorità della manovra, con l’obiettivo di non deludere nessuno dei partiti della coalizione. Ma prima di spartirsi il bottino, bisogna valutarne la consistenza. Il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti, parlando al Meeting di Rimini, ha tracciato lo scenario in cui il governo dovrà agire. Le grandi coordinate sono evidenti ma non ancora definite.

In primo luogo ci si interroga se a livello della Ue si troveranno nuove regole, dopo il “liberi tutti’’ determinato dalle conseguenze della crisi sanitaria. Poi c’è da tener conto della politica monetaria della Bce tesa a ridurre l’inflazione. Un’esigenza che il governo continua a sottovalutare, salvo prendere in considerazione misure di ristoro per le ricadute sui redditi delle famiglie. Un autorevole esponente dell’attuale maggioranza è riuscito persino ad attribuire al governo il merito di aver dimezzato l’inflazione criticando nello stesso tempo la politica monetaria di Francoforte. In soldoni, il problema è quello di capire quanto deficit di bilancio e quanto maggiore debito saranno consentiti da Bruxelles; e c’è il timore che in mancanze di nuove regole più lasche si ritorni a quelle di Maastricht, sia pure riadattate come è sempre avvenuto da tanti anni. Poi c’è l’enigma del PNRR, le uniche risorse che possono essere dedicate agli investimenti e alla crescita. Il governo si è assicurato le erogazioni delle rate fino a tutto l’anno in corso, ma la capacità di spesa arranca, anche se molte nostre difficoltà sono comuni a quelle di altri Paesi. Infine, non si capisce bene fino a quando il governo sarà autorizzato a girare il mondo dichiarando che l’Italia cresce più di Francia e Germania. L’affanno della locomotiva tedesca avrà ripercussioni con la struttura produttiva del Centro-Nord che è in sinergia con l’industria tedesca. Sappiamo che senza una crescita dell’economia diventa più difficile anche la manovra di finanza pubblica.

“Noi come governo ci approcciamo – ha detto Giorgetti a Rimini – alla Legge di Bilancio che sarà veramente complicata, tutte le leggi di bilancio sono complicate, anche quella dell’anno scorso” e “siamo chiamati, poiché facciamo politica, a decidere delle priorità non si potrà tutto” e “certamente dovremo intervenire a favore dei redditi medio bassi, come abbiamo fatto con la decontribuzione, perché l’inflazione riduce enormemente il potere d’acquisto e colpisce come ingiusta tassa in particolare questi redditi, ma dovremo anche utilizzare le risorse a disposizione per promuovere la crescita, per promuovere e premiare chi lavora”.

Ha poi liquidato – era ora – uno dei pallini del suo leader Matteo Salvini, quella riforma “strutturale” delle pensioni che dovrebbe “superare definitivamente’’ la riforma Fornero. “Nessuna riforma tiene con l’attuale denatalità’’, ha tuonato il ministro come se dovesse liberarsi di un sassolino in una scarpa. Un modo per mettere in evidenza che non può reggere un sistema in cui aumenta il numero dei pensionati e diminuisce quello dei contribuenti. Si parla di una disponibilità di 25-30 miliardi, ma per adesso si parla molto delle spese, poco delle entrate. Anche la tassazione degli extra profitti delle banche – che avrebbe consentito comunque entrate modeste – viene ridimensionata giorno dopo giorno. Quanto al fisco per ora vi sono soltanto i 2,8 miliardi di maggior gettito che l’Agenzia delle Entrate si è impegnata a recuperare dall’evasione. E’ dubbio però che una promessa possa essere considerata a Bruxelles un’entrata affidabile. Poi riprenderà il tormentone del salario minimo, in attesa delle proposte del Cnel per la tutela del lavoro povero.

Giuliano Cazzola: