Il prossimo Consiglio Europeo di fatto deve decidere su quanto formulato nell’ultimo Eurogruppo, è un vertice mirato ad approvare le misure economiche per fronteggiare il coronavirus. Ci sono tre punti fermi:
- lo Sure: il piano di risorse messe a disposizione dei Paesi per poter disporre della cassa integrazione;
- il Bei: il fondo liquidità della Banca europea per gli investimenti che dovrebbe dare l’imput per gli stimoli alle imprese;
- il Mes: nato per aiutare dopo la crisi greca i Paesi che avevano difficoltà economica.
Il quarto punto che è ancora in divenire, riguarda il famoso fondo che visto dagli occhi dell’Italia dovrebbe portare ai “coronabond“, ma l’ipotesi più probabile è che il fondo della ripresa si vada ad ancorare al bilancio dell’Unione europa. Questo consentirebbe ai Paesi del nord Europa di non emettere i titoli con Paesi che hanno il debito alto, ma il problema che il bilancio dell’Ue non verrebbe approvato prima del prossimo anno. Nelle ultime ore l’Ue ha messo in campo una nuova proposta, ossia ancora una parte del fondo ripresa ancorato al bilancio, sia una parte con dei bond garantiti ed erogati dalla stessa Commissione europea.
Questa trattativa, pone di fronte al premier Conte due ordini di problemi: uno sul fronte interno, riguardante il M5S che è la forza di maggioranza di governo, e uno sul fronte europeo. Il presidente del Consiglio, si è un po’ legato le mani con una serie di dichiarazioni, interviste, anche alla stampa straniera, durante le quali ha ribadito di volere gli eurobond ed ha espresso le perplessità riguardo al Mes, oggetto di critica da parte del M5s che sostiene si tratti dello strumento che ha portato la Troika in Grecia. Conte deve giocare su due tavoli: l’Italia può scegliere di non utilizzare il Mes, ma se non arrivano altre risorse, come si giustifica il fatto di non ricorrere a questo strumento? Si tratta solo di una questione politica o di necessità? Conte si trova quindi a un bivio: o fa lo statista o resta imbrigliato nelle logiche di partito. Forse, è il politico che rischia di più in questo Consiglio europeo, potrebbe uscirne fortificato, oppure venire risucchiato nelle “sabbie mobili” del Movimento 5 Stelle che, al momento, è molto spaccato.
L’Italia, se ricorresse anche al Mes, avrebbe già ottenuto circa 80-90 miliardi. L’ipotesi dei coronabond, che è quella un po’ più ambiziosa, difficilmente riuscirà ad ottenerla: ci sarebbero dei tempi di erogazione che allungherebbero i tempi di fruibilità dei fondi di 4-5 mesi. L’Italia, più realisticamente, potrebbe inserirsi in quel treno di Paesi capeggiato dalla Francia che hanno proposto questo piano di ripresa e mirano ad alzare la posta, scaglionando le fasi di erogazioni di soldi. Il nostro Paese può ottenere, una promessa, una garanzia, scritta e con tempi precisi, per avere questo piano di ripresa che sarebbe fondamentale per noi, perché al di là delle contingenze attuali, si potrebbe dire che quando ci troveremo con gli effetti più pesanti di questa pandemia, potrà in qualche modo sperare di avere risorse economiche meno limitate.
Dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, l’Italia è la terza potenza economica, dopo Germania e Francia. Neanche all’Europa conviene che il nostro Paese, per affrontare questo momento, contragga un debito mostruoso, perché è in quel momento che diventa un Paese facilmente aggredibile, per esempio dalla Cina che potrebbe infiltrarsi nelle imprese, nei porti… L’Europa stessa, molto preoccupata di questa eventualità, deve creare degli strumenti per l’Italia affinché possa riprendersi senza creare eccessivo debito pubblico, senza avere una sorta di giogo sulle spalle. Se si riesce a fare questo l’Unione europea avrà vinto la sua sfida che passa anche per il nostro Paese travolto dalla crisi causata dal coronavirus.