Si celebra oggi la Giornata nazionale di prevenzione contro lo spreco alimentare. La lotta allo spreco alimentare è un tema molto importante a cui, sia personalmente sia come Comunità Papa Giovanni XXIII, teniamo particolarmente. Lo spreco e la povertà sono due facce della stessa medaglia, le giornate mondiali come questa, servono a focalizzare l’attenzione sul problema. E’ chiaro che non è sufficiente. Molte azioni che compiamo nella nostra giornata evidenziano come possiamo limitare e contenere lo spreco, e sicuramente educarci a non sprecare.
Come Comunità Papa Giovanni XXIII da diversi anni portiamo avanti una campagna che si chiama “Un Pasto al giorno”, per la quale abbiamo realizzato tre libricini dal titolo #Iosprecozero. Ci stavamo interrogando su come sensibilizzare le persone a questa campagna e abbiamo avuto tutto più chiaro ascoltando le parole di Papa Francesco: “Il cibo che buttiamo via è come se lo avessimo rubato dalla mensa di chi è povero“.
Ci siamo focalizzati sulla tendenza che abbiamo a fare spreco. Lo spreco del cibo è quello che viene spesso trattato, ma c’è anche lo spreco del tempo: spesso non lo usiamo al meglio. Ci siamo lasciati un po’ trasportare e abbiamo portato l’attenzione anche sullo spreco della vita. Volevamo mettere in evidenza il legame fra lo spreco in tutte le sue forme e il formarsi delle ingiustizie. Tutto ciò impatta sulle nostre scelte di vita e sulla nostra quotidianità.
Vorrei chiedere ai più giovani, ma anche agli adulti, di essere attenti, di guardarsi attorno. Per farlo bisogna entrare in un atteggiamento di condivisione, che non è una cosa scontata, perché condivisione vuol dire “dividere con”. Si può fare uno sforzo maggiore. Se io ho uno sguardo ampio e sento che quello che mi circonda, ce l’ho in comune con gli altri, la tendenza a sprecare cala enormemente.
Nell’ultimo libretto #Iosprecozero abbiamo un po’ coniato la definizione sharing humanity. Si parla molto di sharing economy, ma noi volevamo mettere l’accento sulle persone, più che sui meccanismi economici, perché spesso si corre il rischio di pensare che si tratti di argomenti che vanno oltre a noi. Credo che ci faccia bene calare nella nostra quotidianità questo atteggiamento di sharing humanity, di dividere, di avere in comune con gli altri.