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Sport e Coronavirus: gli errori da non fare

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Una battaglia aperta e ancora tutta da giocare. Aumentano i contagi da coronavirus, il mondo torna a tremare. L’illusione di qualche mese di allegre scampagnate fuori porta, di vacanze senza limiti, alla fine ci hanno fatto ripiombare nel caos. Ma non è con l’allarmismo che si risolvono i problemi. L’ultimo decreto del Governo Conte, ha però spiazzato il mondo dello sport che potrà continuare ad andare avanti, nel rispetto delle regole. Rimane vietato lo sport di contatto a livello amatoriale e non sono consentite competizioni per attività dilettantistica di base. Il calcio a livello nazionale e regionale può continuare ad andare avanti, mentre a livello provinciale proseguiranno gli allenamenti di squadra ma solo in forma individuale. Nello specifico, una squadra di pulcini può continuare ad allenarsi, ma senza giocare partite. Piscine e palestre per il momento restano aperte, ma domani non è sicuro. Il pubblico rimane quello dell’ultimo decreto, in 1000 spettatori all’aperto, in duecento al chiuso.

Per carità, nessuno mette in dubbio la bontà del lavoro svolto a livello governativo, ma la sensazione è che troppi “cervelli” non vadano avanti per intuito, più che per certezze. E’ vero, sono aumentati i contagiati, ma è anche vero che sono aumentati, e di molto, anche i tamponi. Il calcio, dopo il primo periodo post blocco totale, dove non si era registrato neppure un contagiato, è tornato luogo infetto. In molti club, in Italia e in Europa, il Covid è tornato a fare la voce grossa. Dalle nostre parti, il caso più eclatante è quello del Genoa con 22 positivi. Ma non è con l’allarmismo che si risolvono i problemi, né tanto meno con le misure drastiche, a volte senza una logica. I problemi si risolvono con il rispetto delle regole, che questa estate con troppa facilità abbiamo, tutti, abbandonato. Mascherine e distanziamento sono il deterrente naturale, ma questa estate ne abbiamo viste poche.

Adesso il Governo si è dato un’altra settimana di tempo per capire se palestre e piscine possono rimanere aperte o meno. Ci sono dei protocolli e devono essere rispettati e in questo ha ragione il ministro Spadafora quando asserisce che il Governo sta lavorando per salvaguardare lo sport. Poi però, è il primo a gettare terrore sul Paese quando dichiara di non “essere convinto che il campionato possa arrivare fino in fondo. Non abbiamo alcuna certezza quest’anno e di questo deve essere consapevole anche la Lega, che deve pensare a un piano B e C”.

Spadafora lo ha detto proprio oggi a “L’Aria che tira” su La7. Le sue preoccupazioni sui casi di Covid in serie A, sono condivisibili, ma il protocollo per funzionare, deve essere rispettato. “Ho difeso il protocollo, ma che succede se una società o un calciatore non lo rispettano?”. Senza fare nomi, il ministro Spadafora, chiama in causa Cristiano Ronaldo. “Questi grandi campioni si sentono al di sopra di tutto. Quando è andato in nazionale ha violato protocollo, tant’è che è stata aperto un fascicolo alla Procura della Repubblica di Torino, dopo la segnalazione della Asl, che porterà anche all’apertura di un fascicolo sportivo. I campioni devono essere di esempio. Si è arrabbiato anche il presidente Agnelli? Direi ai presidenti di guardare all’interno delle loro società per salvaguardare l’industria calcio”.

Tutto vero, ma il garante dello sport, ha probabilmente dimenticato qualche passaggio. Il virus attacca laddove non c’è rispetto delle regole, magari tra i professionisti che fanno fatica pure a rispettarle, non certo nel mondo dei bambini, che all’aria aperta hanno zero possibilità di ammalarsi. Chiudere lo sport di base, non aiuta il movimento sportivo. Anche i tifosi allo stadio, se contingentati, può essere aumentato. A Budapest per la supercoppa Europea di calcio, sono entrati in ventimila e nessuno di questi spettatori, dati Uefa, è stato contagiato, segno che le regole sono state rispettate. Il problema è sempre lo stesso, rispetto delle regole. Distanziamento, mascherina e niente assembramenti. Più che togliere il sorriso ai bambini, forse sarebbe il caso di intervenire altrove. O no?

Massimo Ciccognani: