Che sia una vera Pasqua di resurrezione è la speranza che anima tanti cristiani nel mondo. Guerre, crisi economiche e divisione inter-etniche sono i chiodi della croce che portano le popolazioni sofferenti. In questi teatri i cristiani cercano di essere dei piccoli semi di pacificazione e riconciliazione.
Il perdono e l’amore verso i propri carnefici resta l’insegnamento più difficile da applicare, eppure tante comunità cristiane lo stanno vivendo, portando sulla propria carne i segni delle sofferenze.
La croce viene portata in silenzio e senza covare odio proprio dove le persecuzioni anticristiane sono più feroci. Ma il dolore forse è più atroce laddove dove sono le divisioni sono tra cristiani a generare le ferite da cui sgorga il sangue di tanti innocenti, come in Ucraina. La strada per la resurrezione è si può trovare quindi solo tramite la salvezza portata da Cristo e non tramite le promesse di pace fatte dagli uomini, che sono troppo deboli e fallaci per poterle mantenere. La resurrezione di Cristo, senza la quale è vana la nostra fede ((cf. 1Cor 15,14) ci libera dalla schiavitù del peccato che porta agli egoismi e alle bramosie che impoveriscono il mondo e alimentano i conflitti fratricidi.
In Ucraina sarà la seconda Pasqua di guerra. Lo scorso 30 marzo da Padova è partita la quinta Carovana di Pace “Stop The War Now”, animata da oltre 150 volontari di numerose organizzazioni della società civile italiana, che nel Paese devastato da oltre un anno di guerra portano aiuto concreto alla popolazione civile e un messaggio di pace e non violenza. I cattolici europei di rito latino cercano di portare un segno di speranza e riconciliazione operando in zone dove ortodossi fedeli a Kiev e ortodossi ucraini vicini al Patriarcato di Mosca cercano una difficile convivenza.
Anche l’Etiopia porta le ferite di una guerra tra fratelli, il Paese a maggioranza copta è appena uscito da due anni di guerra nelle regine del Tigray, dove i ribelli separatisti si sono scontrati con le truppe di Addis Abeba. Qui la Pasqua ha un sapere di vera resurrezione, la firma degli accordi di pace è avvenuta lo scorso novembre in Sudafrica e nel Tigray stanno entrando gli aiuti umanitari. La Pasqua alimenta il clima di riconciliazione, con cattolici e ortodossi copti che si sono preparati condividendo molti momenti della quaresima.
Le comunità cristiane in Medio Oriente sono da sempre il sale e il lievito della convivenza. Il fatto che quest’anno Pasqua e Ramadan coincidano ha portato i cristiani ad avere ancora più momenti di condivisione con i loro connazionali musulmani; questo è avvenuto soprattutto nei Paesi dove c’è una grande componente cristiana come Libano, Siria, Iraq ed Egitto.
Si tratta di Paesi devastati dalla crisi economica e dall’inflazione, dove la povertà dilaga e avanza anche la crisi alimentare poiché gran parte del fabbisogno di cereali era garantito da Ucraina e Russia. In Siria si aggiunge anche il dramma del recente terremoto. In questi i Paesi i cristiani hanno vissuto una quaresima all’insegna della prossimità ai poveri, gli aiuti sono arrivati soprattutto dalle rimesse degli emigrati che aiutano i ‘fratelli’ rimasti in patria. In questa regione del mondo i segni di speranza arrivano dalla drastica diminuzione degli attacchi degli integralisti e dalla sconfitta di molti gruppi di jihadisti. Queste comunità cristiane di rito orientale hanno praticato il digiuno e la penitenza durante la quaresima e hanno partecipato in massa ai riti della Settimana Santa.
Un sapore tutto particolare sarà anche la Pasqua per i tanti cristiani dell’Asia. In Birmania, nonostante la persecuzione del regime militare limita le celebrazioni dentro i luoghi di culto, i cristiani si riuniranno per festeggiare e per rilanciare un messaggio di pace a tutta la Nazione. Anche in Vietnam, Cina, Pakistan e India la piena libertà di culto ancora da raggiungere non mortifica la forza del messaggio di resurrezione. Ancora la testimonianza di fede arriva dalla Nigeria dove, nel recente passato, i cristiani hanno vissuto tanti momenti di martiro con attacchi alle Chiese durante le Messe della domenica e persino di Pasqua. I cristiani africani partecipano alle celebrazioni in Chiesa pur sapendo che corrono il rischio di essere uccisi “in odio alla fede” e offrono una lezione ai tanti fratelli occidentali dalle fede sbiadita che si trascinano con fatica alle Messe. Forse siamo proprio noi Europei che dovremo smettere di cercare tra i morti colui che è vivo.