Il significato della Giornata delle Nazioni Unite

Foto di Miguel Á. Padriñán da Pixabay

Nell’ottobre del 1945, pochi mesi dopo le immani sofferenze e distruzioni causate dalla Seconda Guerra Mondiale, al fine di garantire la salvaguardia e la tutela della pace, è entrata in vigore la Carta delle Nazioni Unite, il documento fondativo che ha segnato la nascita ufficiale di questa Organizzazione, con l’obiettivo di realizzare un mondo libero dalla violenza, giusto, equo, tollerante e inclusivo. L’anniversario di questa giornata quindi, in un frangente storico sempre più segnato dall’emergere di nuove e insensate violenze, deve farci riflettere: ognuno di noi, nella propria quotidianità, deve impegnarsi per eliminare le ingiustizie che, ogni giorno, lambiscono la vita di migliaia di persone attraverso la concreta vicinanza a tutti coloro che, ad ogni latitudine del mondo, patiscono le conseguenze nefaste dei conflitti, dei cambiamenti climatici e della mancanza di cibo.

Papa Francesco, poco più di un anno fa, in un appello di estrema attualità, rivolgendosi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha raccomandato di “adoperarsi per il bene dell’umanità intera” e di dire “seriamente no alla guerra, di affermare che non le guerre sono giuste, ma che solo la pace è giusta: una pace stabile e duratura, non costruita sull’equilibrio pericolante della deterrenza, ma sulla fraternità che ci accomuna”. Le parole del Santo Padre, in cui è racchiuso un bellissimo appello verso il dialogo e la pacificazione universale, devono risplendere nel cuore di tutti i cittadini e soprattutto nelle coscienze di coloro che ci governano.

A tal proposito, guardando alla mia gioventù, ricordo le parole che Madre Teresa di Calcutta ha pronunciato l’11 dicembre 1979, quando le è stato conferito il premio Nobel per la Pace, in cui ha rimarcato l’importanza di “mettere l’amore nel dare ciò che conta”. L’amore verso il nostro prossimo e l’amicizia tra gli Stati, quindi, devono risuonare nell’anniversario della Carta delle Nazioni Unite, a fondamento di un futuro di pace dal quale, nessuno di noi, può esimersi. E perché no: un amore “forte e vigoroso” come ci ha insegnato il Santo Papa Giovanni Paolo II, di cui, in questi giorni, la Chiesa ne fa memoria.