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Lo sforzo di Papa Francesco per salvare l’Europa e la Russia

L’aspra polemica russa con papa Francesco deve essere capita. Cosa ci dice? Ricapitoliamola brevemente. Parlando con la rivista dei gesuiti statunitensi, America, il papa ha detto di essere sorpreso da certe valutazioni delle sue parole sulla guerra. Davvero c’è bisogno che lui faccia espressamente il nome di Vladimir Putin quando critica l’invasore? A cosa serve indicarlo con nome e cognome, magari completo di patronimico? A questa osservazione il papa ne ha fatta seguire un’altra: se uno è brutalizzato ci sarà qualcuno che agisce in modo brutale, è chiaro. Anche qui, serve fare il nome? No, non serve e ha proseguito osservando che questa condotta indica un modo d’essere che non è quello russo tradizionale, cioè rispettoso delle tradizioni russe, di un popolo cioè che, ha aggiunto, lui stima profondamente.

Qui Francesco ha detto che sono gruppi, o battaglioni o altre formazioni militari costituite da ceceni o buriati o altri a compiere le azioni più brutali. Non cito i termini esatti usati dal papa, ma il loro senso di fondo. Qui si sarebbe potuto osservare che il papa criticava dei popoli, i ceceni o i buriati, mentre in realtà criticava chi li ha ridotti al rango di miliziani in patria o all’estero, ad esempio in Siria negli anni passati o in Ucraina oggi. E’ la cura Kadyrov, il proconsole putiniano imposto da anni dal Cremlino ai vertici della martoriata repubblica cecena, parte della Federazione Russa. Ma non è stato questo il punto posto dal ministro degli esteri russo Lavrov. No, Lavrov ha detto che non avrà successo chi intende mettere in discussione l’unione federale della Russia. Segno che questo è il problema: Mosca sente l’unità della Federazione Russa in pericolo, la sua unità statuale a rischio. E la fuga di tanti cittadini russi dalla madrepatria lo conferma. Molti di loro sono, o sarebbero in Georgia, dove si possono recare anche senza passaporto.

Dunque chi è che mette in pericolo l’unità statuale, la coesione del popolo russo? Il papa o il Cremlino? Chi costringe tanti cittadini russi alla fuga, chi riduce una Repubblica, come la Cecenia, o organizzatore di milizie efferate, il Cremlino o il papa? Ma nelle parole di Lavrov c’è stato anche un riferimento importante, forse decisivo: la chiave per la pace è accettare l’idea, ha fatto chiaramente intendere, che serve una nuova Helsinki. Per Lavrov infatti la cooperazione con l’Occidente sulla sicurezza europea non potrà essere ripresa in un futuro prevedibile, ma solo “se e quando l’Occidente capirà che è meglio coesistere sulla base di fondamenta concordate”.

Dunque è il papa l’interlocutore, perché è il Vaticano quello che indica da tempo questa strada, una nuova Helsinki, quell’incontro che negli anni Settanta diede vita alla Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. A chi può interessare uno sgretolamento della Russia come la conosciamo oggi, a chi può interessare l’emerge di pulsioni ancor più estreme? Dunque il punto non è tradire l’Ucraina, come fanno alcuni sedicenti “pacifisti”: oggi, piaccia o dispiaccia, l’Ucraina è patria ancor più di ieri per quasi tutti gli ucraini, molti dei quali anche russofoni.

L’essere di lingua russa infatti in epoca sovietica non indicava una filiazione etnica, ma un’adesione all’ordine partitico, alla struttura sovietica. Il punto è chiaramente non quello di tradire l’Ucraina, ma tutelare il futuro della Russia dal precipitare in una frantumazione che gioverebbe solo alla Cina.

E’ difficile aiutare Mosca a salvarsi dai guai in cui si è cacciata con le sue mani, visto che difficilmente qualcuno potrà credere a una Russia plurale e federale se Mosca scatena una guerra mondiale per un’ideologia, negare identità ed esistenza a un popolo che vorrebbe tornasse federato. Lavrov in definitiva ha confessato questa debolezza strutturale della linea politica seguita dal Cremlino. Al suo fianco potranno permanere solo repubbliche soggiogate, come la Cecenia di Kadyrov. Ma anche l’Europa, se non vuole dimostrarsi un’idea irrealizzata e irrealizzabile, farà bene ad ascoltare il consiglio bergogliano sulla sicurezza e cooperazione in Europa, per occuparsi, si spera quasi simultaneamente, di costruire un’altra sicurezza e un’altra cooperazione nel Mediterraneo.

Difficile sperare che Francesco e il suo segretario di Stato possano regalare un po’ di visione a europei e russi insieme. Ma lo sforzo è chiaramente questo: salvare l’Europa come prospettiva e la Russia come entità, aprire un’epoca nuova per il Mediterraneo, disfare la rete della guerra mondiale combattuta a pezzi e che se non ci si sbriga potrebbe vedere  tanti fronti (ucraino, libico, iraniano e ancora) saldarsi in un fronte unico. La strada stretta di Francesco riguarda tutti.

Riccardo Cristiano: