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Senza strategie vince l’Isis

ludovicoNella vicenda del rapimento di Greta e Vanessa, liberate il 15 gennaio, c’è un dibattito che tuttora non accenna a sopirsi. Peccato che si contraddistingua, soprattutto, per il trionfo dell’ovvio se non un vero festival dell’ipocrisia. Viene subito da chiedersi se le polemiche incessanti saranno alla fine sterili, ipotesi molto più probabile; o potranno produrre effetti concreti e positivi, ipotesi quantomeno remota se non illusoria. Ora, è evidente che il Governo, attraverso i suoi apparati di sicurezza, ha il dovere di fare di tutto per salvare una vita umana, a maggior ragione quella di un proprio cittadino. E’ altrettanto evidente che se per questo deve ricorre a mezzi non proprio edificanti, come può essere il pagamento di un riscatto, c’è poco da discutere se l’Esecutivo debba ammetterlo ufficialmente oppure no: che senso ha questa diatriba?

Per dirla tutta fino in fondo, i riscatti all’estero li hanno pagati i governi di destra e di sinistra; per poi ricucire – o far finta di niente – con l’alleato Usa, contrarissimo a questa pratica per una ragione ovvia, valida: quei soldi finanziano il terrorismo. Peccato, però, che gli Usa, con il loro tipico sistema alternativo – i blitz armati – spesso sono tornati a casa con l’ostaggio rinchiuso in una bara.
C’è poi chi invoca la legge che mise la parola fine ai sequestri della criminalità calabrese in Italia negli Anni Ottanta del secolo scorso, con il blocco dei beni della famiglia del rapito. Ma non c’è da stare così certi che il terrorismo fondamentalista islamico si faccia intimorire da una norma italiana ancora tutta da costruire e approvare, peraltro.

Anziché ripetere discussioni trite e ritrite, insomma, c’è da pianificare con lucida strategia una reazione un po’ più raffinata e lungimirante del semplice pagamento di un riscatto, una pezza che, bisogna dirlo, ogni volta lascia tutti con l’amaro in bocca. Di sicuro queste vicende rischiano di ripetersi e la battaglia dell’Isis passa anche da questo: a maggior ragione ora che, con il prezzo del petrolio in ribasso, i ricavi del Califfato sono in discesa e servono molte altre fonti di finanziamento.

Serve dunque innanzitutto un dialogo molto più serrato tra le Ong e lo Stato, ministero degli Esteri in particolare, per scongiurare le missioni troppo a rischio. E’ quantomeno necessario, anzi indispensabile ormai, mettere in campo ogni azione per scongiurare le avventure al buio, quelle dove il pericolo è alto se non altissimo. Un sistema di controllo, confronto e di pianificazione – non per forza di obblighi – dove Stato, missionari e cooperanti sono alleati: non soggetti estranei o, peggio, antagonisti contrapposti.

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