Italia e Russia unite nel segno del rap. Dicembre ha visto i due Paesi ritrovarsi a fare i conti con l'influenza che questo tipo di musica ha sulla vita, sul comportamento e sull’educazione morale delle persone, soprattutto dei giovani. Dopo la tragedia di Corinaldo, l'opinione pubblica italiana ha frettolosamente stigmatizzato questa cultura musicale. La frattura generazionale causata da nuove tendenze, stili di vita e generi musicali sta, però, ponendo un serio problema riguardo ai messaggi lanciati dai testi di questi artisti e da come i giovani li stiano introiettando nel loro immaginario collettivo. Il dibattito sta divampando anche in un Russia.
Stando a quanto riportato da diverse fonti occidentali, Putin starebbe provando a “bandire” la musica rap. La realtà russa, però, si dimostra ancora una volta non così semplificabile come ritenuto, invece, dai principali canali mediatici europei ed americani: il rapporto tra il ventennale potere di Vladimir Putin e la cultura di massa russa ha vissuto momenti decisamente altalenanti, ma proprio nei riguardi del rap, il Presidente russo ha sempre mostrato una certa benevolenza. Nel 2009, infatti, in diretta nazionale sul canale tematico Muz-Tv, Putin parlò del genere rap in toni molto positivi indipendentemente dalla provenienza non russa di questa forma di cultura popolare: “in primo luogo ritengo che questa (Il rap, ndr) sia una forma di talento e poi si tratta sempre di un contenuto creativo”. Molti artisti russi (quelli più esposti mediaticamente) hanno ricambiato quasi sempre: per Putin sono arrivati importanti endorsement dal mondo dell’arte e, in particolare della musica, come quelli delle superstar del rap russo Timur Junusov (in arte Timati) e Roman Čumakov (in arte G-gun).
Qualcosa, però, sembra essere cambiato. E non soltanto nell’industria musicale russa: l’intero Paese è lacerato all’interno da uno scontro generazionale molto forte, alimentato dai cosiddetti “Millennials”, ragazzi cresciuti durante il boom economico putiniano, ignari dei terrificanti anni ’90 e, soprattutto, delle ristrettezze dell’ultimo periodo sovietico. Una generazione nata in un mondo completamente nuovo, sotto l’effetto di impulsi commerciali e consumistici del tutto sconosciuti a quelle precedenti, per lo più disinteressata alla politica ma comunque stanca di vedere un solo uomo al vertice e di non provare aria di novità. I nati all’inizio del 2000, infatti, possono dire di essere vissuti in un Paese con un solo ed unico uomo al comando. Mentre, però, il consenso putiniano trova buona parte delle sue fondamenta nel paragone con il burrascoso passato russo (in un Paese migliorato indubbiamente in soli venti anni in tutti gli indici di sviluppo economico e sociale), le generazioni più giovani non posseggono questo metro di comparazione, non avendo vissuto gli anni peggiori della recente storia russa. Gli effetti della crisi politica del 2014, poi, si fanno sentire: la riforma delle pensioni, le sanzioni, il livello dei salari e le notevoli spese statali per sovvenzionare le infrastrutture legate ad eventi di portata internazionale come le Olimpiadi di Soči e i Mondiali di calcio stanno leggermente incrinando il consenso plebiscitario del Presidente.
In un Paese con un senso della morale pubblica molto forte, poi, gli stravaganti ed incomprensibili comportamenti della generazione “Trap” stanno allarmando diverse associazioni territoriali. In Russia si sta assistendo ad uno scontro generazionale davvero molto forte, con dei genitori cresciuti in un mondo collettivista e dei figli nati già in un Paese fortemente individualista, esposti alle tendenze occidentali grazie alla rete. Per questo motivo, diverse autorità locali russe hanno firmato diverse ordinanze di cancellazione di determinati concerti rap, spinti dalle numerose richieste e lettere ricevute da svariate associazioni territoriali genitoriali: i testi e i comportamenti dei giovani impegnati in questo tipo di attività lederebbero la morale. Alcuni rapper sono stati anche trattenuti dalla polizia per aver reagito in maniera sconsiderata ai divieti. Fioccano, dunque, le segnalazioni per il reato di “huliganstvo” (così i russi amano etichettare qualsiasi comportamento deviante dalla normalità), così come si espande tra la gioventù l’utilizzo del mat, il turpiloquio, ormai sdoganato in Occidente, ma ancora tabù in Russia nella sfera pubblica. Il senso di frustrazione della nuova generazione russa è tutta nelle rime del rapper Fejs: “Dal giorno che son sono nato in questo Paese non c’è libertà – giudici corrotti rovinano la gente – i Mondiali sono solo una scusa per spartirsi la torta”. Semplice ed irrefrenabile impeto di ribellione giovanile o l’inizio di un vero e proprio problema per l’establishment putiniano?
Difficilmente Vladimir Putin, al suo probabilmente ultimo mandato da Presidente della Federazione Russa, può dirsi scosso dai contenuti veicolati dalla musica rap a lui avversa. Il Cremlino, infatti, ha negato di voler bandire la musica rap. Putin, di fatto, si è schierato completamente a favore della gioventù russa a più riprese durante la conferenza stampa di mercoledì scorso: “I rapper cantano usando un linguaggio inappropriato? E che cantino pure!”, ha esclamato il Presidente russo. Secondo Putin, la musica non può essere bandita, bensì “guidata” verso contenuti più elevati. In queste affermazioni si intravede tutta l’esperienza nell’approccio del numero uno del Cremlino: evitare di ripetere gli errori ideologici che hanno annichilito politicamente e culturalmente l’Unione Sovietica. Putin infatti, nato e cresciuto nelle strade di San Pietroburgo, ricorderà perfettamente in che misura la scena musicale underground leningradese riuscì a catalizzare il dissenso durante gli anni ’80: le restrizioni del Partito unico ebbero soltanto l’effetto di coagulare i più giovani intorno alla voglia di una vita diversa. I veri problemi per il futuro della Russia sembrano, al momento, essere ben altri.