Sarà che a una settimana dal voto numeri e sondaggi sono ancora incerti. Sarà che mettere insieme idee e weltanschauung tanto diverse all'interno dello stesso programma politico rischia di rendere insicuro il cammino di qualsiasi coalizione dovesse uscire vittoriosa dalle urne. Sarà, infine, che attorno alla riscoperta dei “valori non negoziabili” si è condensata la rabbia di centinaia di individui e famiglie, relegati ai margini delle scelte politiche degli ultimi governi.
Fatto sta che il voto cattolico è tornato improvvisamente a far gola. E così – fra giuramenti, appelli, comizi, comparsate televisive e colloqui privati – non c'è partito o leader che, negli ultimi 10 giorni, non abbia strizzato l'occhio nei confronti di quella vasta galassia fatta di associazioni, oratori, parrocchie e singole persone, depositari di un sentimento messo a dura prova ma ancora fortemente radicato. E che, diciamolo, continua a essere punto di riferimento, valido sussidiario dello Stato nei piccoli paesi del Mezzogiorno e nelle periferie delle grandi metropoli, presidio sociale e culturale per i giovani e grande ammortizzatore sociale là dove ci sono povertà, fragilità, disoccupazione e mafie.
E' una riscoperta tardiva, oserei dire opportunistica, quella giunta al fotofinish di una campagna elettorale che di cristiano – fra insulti, scontri di piazza, grida e accoltellamenti – ha avuto ben poco, se non niente. E che arriva all'esito di una fase politica profondamente lontana dai valori di cui oggi ci si vorrebbe fare promotori. Non solo per l'approvazione di leggi vissute come un affronto dal mondo cattolico (dalle unioni civili al biotestamento) ma anche per l'assoluta mancanza di solidarietà in momenti cruciali, sensibili, nei quali invece la presenza di leader politici di primo piano sarebbe stata apprezzata.
Pensiamo ai due Family Day, capaci di riunire in modo trasversale l'intero macrocosmo che si raccoglie attorno al tema della difesa della famiglia naturale, della natalità, dell'educazione e della vita. Dov'erano gli esponenti delle istituzioni e delle opposizioni che oggi ammiccano ai cattolici? Assenti, salvo qualche eccezione. Certo, c'era l'esigenza di non dare adito a voci su crepe e liti all'interno di governo e minoranza. Ma se l'opportunità politica prevale sul proprio sentimento, persino sulle proprie convinzioni personali e religiose, perché oggi quelle stesse persone che hanno affollato piazza San Giovanni e il Circo Massimo dovrebbero credere a questa sorta di ravvedimento?
Insomma: chi oggi cerca consenso tra i cattolici è il medesimo che sino a ieri ha fatto poco per portarne avanti le battaglie. La stessa Cei, che più volte si è spesa nel chiedere maggiori sforzi in materia di famiglia, lavoro, istruzione e politiche sociali è stata costantemente ignorata. Con questi presupposti ottenere fiducia diventa un'operazione difficile. Più semplice sarà giudicare l'operato del nuovo governo dopo il 4 marzo e valutare se davvero quanto promesso verrà realizzato. Stavolta l'elettorato cattolico, possiamo scommetterci, non si farà abbindolare. Aspetterà i partiti alla prova del nove, forte di una maggiore consapevolezza sul proprio peso politico.