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Scuola e famiglia, l'educazione si fa insieme

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Quelle fra scuola e famiglia sono relazioni votate reciprocamente. I genitori hanno cambiato un po’ il proprio ruolo, sia delegando alcune funzioni educanti sia abbassando la propria autorità rispetto ai ragazzi, fino al punto di essere quasi dei pari. Quante volte abbiamo sentito dire la frase “io sono amico di mio figlio”? Quello dell’amicizia è però un rapporto paritario, mentre quello fra genitori e figli non lo è: è un rapporto di amore, cura ma che non può prescindere dal ruolo dell’adulto, che non è assolutamente quello del giovane o dell’adolescente. C’è stato un primo passaggio importante: gli adulti hanno smesso di essere dei punti di riferimento credibili e autorevoli. Si veniva da un modello sociale in cui si scambiava l’autorevolezza per autorità: nel buttare giù quest’ultimo aspetto, rivedendo un estremo che privava i figli addirittura della sfera affettiva, si è perso anche l’altro.

D’altra parte, gli insegnanti hanno fatto lo stesso processo: è chiaro che se il genitore non è più un soggetto educante credibile, non può assegnare a un altro adulto un valore o una credibilità educativa. Questo ha portato automaticamente all’indebolimento della figura dell’insegnante. Nella mutazione della società, l’insegnante ha smesso di avere il suo prestigio sociale, sia per uno svilimento progressivo del ruolo, un po’ perché è venuta men zo la qualità dei docenti. È stata persa l’autorità come status e, di conseguenza, l’autorevolezza. Per cui oggi il ragazzo si ritrova con delle figure che, anziché inquadrarle come un riferimento, non ne riconosce l’autorità, perché mancano sia lo status che l’autorevolezza. E da questo deriva il caos che può verificarsi nelle scuole, con un genitore che tende a giustificare sempre suo figlio – anche per via del fatto che, spesso, vi passa poco tempo insieme – o, al contrario, nel momento in cui un insegnante mette in evidenza le mancanze di un alunno, queste vengono viste come un giudizio al genitore che, per difendere se stesso, difende suo figlio. Dall’altro lato, abbiamo un insegnante che non hanno più un ruolo sociale congruo. Sta perciò al singolo docente guadagnarsi un certo tipo di autorevolezza e credibilità con i ragazzi. Ci sono insegnanti che riescono a tenere una classe e svolgere con professionalità la propria didattica, mentre altri sono completamente in balia degli studenti stessi. Contesto e preparazione sono due fattori essenziali.

La scuola ha avuto sempre un ruolo educativo, tanto da essere considerata un’agenzia educativa. Non è mai la sola però, visto che esiste quella della famiglia. Ma se le due “agenzie” non vanno in sintonia, anche l’educazione può venire meno: la scuola ha il compito di educare i ragazzi non solo su un piano delle competenze verticali – l’insegnamento in senso stretto – ma anche di quelle trasversali, ovvero quelle competenze di vita che permettono a una persona di essere inserita in un contesto sociale e lavorativa con efficacia. Questa è una missione che la scuola ha sempre avuto e che deve continuare a perseguire. Ma non si può pretendere che lo faccia da sola perché senza un’alleanza con le famiglie è un progetto destinato a naufragare, a meno che non si ritorni a uno stato autoritario ma quelle condizioni lì non esistono più.

Siamo in un periodo di emergenza educativa e il ruolo della scuola passa in sordina: al di là del voto in condotta, ai ragazzi non viene mai restituita un’immagine delle loro competenze di vita. Va rilanciato il ruolo educativo della scuola facendolo emergere fra gli obiettivi chiari che la scuola deve avere. Nella scuola italiana serve una valutazione, qualcuno che t’impone una resa dei conti, poiché tutte le cose che non hanno riscontri in termini di voto in pagella non vengono fatte. L’esempio lampante è quello dell’Educazione civica che non vuole solo fare teoria sulla struttura dello Stato ma anche educare alla cittadinanza. Si tratta di una materia sempre esistita ma priva di una misurazione, di un voto in pagella.

Oggi non abbiamo risorse per aggiungere una materia però c’è più bisogno di mettersi in testa che bisogna sviluppare nei ragazzi anche le competenze di cittadinanza. Bisogna restituire ai ragazzi un’immagine delle loro competenze trasversali… Serve quella che una volta si chiamava economia domestica. Non possiamo più permettere di sviluppare attraverso il caso elementi così importanti.

Daniele Grassucci: