Il fiume Po: una distesa di sabbia e fili d’erba, che nell’area di Pontelagoscuro, nel ferrarese, registra l’80% in meno delle riserve idriche rispetto alla media stagionale. Il lago Maggiore: un livello idrico del meno 40%. L’invaso di Piano della Rocca, nel Parco Nazionale del Cilento, con il 48,31% d’acqua rispetto a quella di un anno fa.
No, non è un film apocalittico, non è lo scenario distopico tratto da un libro di fantascienza. Sono le fotografie scattate dai consorzi di bonifica italiani. I dati sono inquietanti, e riguardano tutti i territori. A Roma, ad esempio, la media delle precipitazioni degli ultimi 16 anni è stata di 357 millimetri, quest’anno 137. Il fiume Arno, invece, registra 13,80 metri cubi al secondo di acqua, contro una media di 110,82 metri cubi registrata quattro mesi fa. Per l’Osservatorio sulle crisi idriche, si tratta dei dati peggiori degli ultimi 70 anni. E non va meglio per le nostre montagne, alle prese con precipitazioni nevose ai minimi storici e ghiacciai in costante ritirata.
I processi di desertificazione e i fenomeni di siccità segnano il nostro tempo e riguardano tutto il pianeta. Fiumi e montagne, sentinelle del clima, ci confermano anche quanto stanno registrando nelle campagne lavoratori e produttori agricoli, con tante colture in sofferenza, cereali e frutti a rischio, a causa del 25% in meno di precipitazioni negli ultimi 25 anni, e di un tasso di evaporazione altissimo. Una crisi idrica, quella attuale, che mette a rischio fino a metà delle produzioni agricole e zootecniche di tanti territori, e che è figlia di quel “degrado” del territorio di cui parlano anche i recenti dati del Global Land Outlook, con il 28% del suolo italiano e il 40% di quello terrestre colpiti da desertificazione e siccità. Attualmente, dichiara il report, circa 500 milioni di persone vivono in aree dove il degrado ha raggiunto il suo massimo livello, cioè la perdita totale di produttività.
Il grido di allarme, lanciato dagli scienziati da diversi anni, non deve però indurci alla rassegnazione. Anzi. Conoscere diventa ancora più importante: un monito ad agire dal grande valore etico e sociale. La ricorrenza del 17 giugno, Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità, istituita dalle Nazioni Unite, è l’occasione per rilanciare questa sfida con l’impegno quotidiano di ciascuno: lavoratori e imprese, cittadini e istituzioni, amministrazioni locali e regionali, governi nazionali e organismi internazionali.
A livello europeo la bussola di orientamento è la Strategia Europea per il Suolo al 2030. A livello nazionale non abbiamo una road map altrettanto chiara e concreta, probabilmente anche a causa di un dibattito pubblico sulla transizione ecologica troppo incentrato sulle sole questioni dell’energia e dell’industria automobilistica, nonostante si tratti di un tema da osservare sotto diverse prospettive e con una visione d’insieme. Eppure non partiamo da zero. Perché se è vero che fiumi e montagne sono le prime sentinelle del clima, abbiamo altrettante sentinelle del territorio in grado di intervenire e incidere con buone pratiche e lungimiranza. Sono quelle che dovremmo chiamare con orgoglio le “tute verdi”, i lavoratori e le lavoratrici dell’agroalimentare, della forestazione, dei consorzi di bonifica.
Sindacati, imprese, istituzioni, possono e devono operare affinché queste professioni siano la leva di un nuovo rapporto tra persona e ambiente. È da qui che parte il cambiamento. Rimane prezioso, da questo punto di vista, l’insegnamento dell’Enciclica Laudato Si’, con la quale Papa Francesco, sette anni fa, ci ha consegnato una bussola fondamentale per la cura della casa comune, da perseguire con un approccio integrale che metta insieme lotta alla povertà, lavoro dignitoso, tutela della natura.
Il Manifesto di Assisi, che come Fai Cisl abbiamo da subito sottoscritto, nel 2020, ci spinge, coerentemente con questo insegnamento, a essere protagonisti di un cambiamento per scrivere un linguaggio diverso, una grammatica della gentilezza, e mettere in piedi un’economia a misura d’uomo, rivolta a un reale progresso globale. A sostegno di questa visione, servono naturalmente anche adeguate risorse economiche e coerenti azioni politiche, capaci di promuovere il dialogo sociale e la contrattazione. La chiave per agire è la sinergia. Non a caso, lo slogan scelto quest’anno per la ricorrenza del 17 giugno è “Rising up from drought together”, cioè “Risollevarsi dalla desertificazione insieme”.
Si tratta di una sfida globale che in Italia possiamo cominciare a intraprendere con tutta una serie di scelte che la nostra Federazione sta promuovendo da tempo: valorizzare la bilateralità, ad esempio, per migliorare il mercato del lavoro, per formare i lavoratori nell’utilizzo virtuoso delle nuove tecnologie, che parlano il linguaggio dell’agricoltura 4.0 e offrono tante possibilità di gestione virtuosa dell’acqua, e poi programmare un uso produttivo e rigenerativo dei boschi, una tutela degli invasi che affianchi la produzione di energia pulita, e gestire in modo partecipato e previdente gli 880 milioni previsti dal Pnrr per le infrastrutture irrigue. Una transizione ecologica, insomma, che non impatti negativamente sul lavoro ma, al contrario, possa rappresentare nuove opportunità di crescita e sviluppo sostenibile.
In Italia, tra l’altro, possiamo cogliere l’occasione di un’altra importante ricorrenza: il centenario della bonifica integrale. Sono infatti trascorsi cento anni da quando nacque la moderna bonifica anticipando, sotto tanti aspetti, l’idea stessa che abbiamo oggi di sostenibilità. Questi cento anni ci consegnano un patrimonio di esperienze e conoscenze, in termini di politica agraria, relazioni industriali e sindacali, multifunzionalità produttiva, che non va assolutamente disperso. Al contrario, va consolidato. Rimettendo il lavoro agroalimentare e ambientale al centro dell’agenda politica.
Onofrio Rota, Segretario Generale Fai Cisl