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Il “rischio ragionato” delle riaperture scolastiche

Leggendo in queste ore alcune considerazioni sulla ripartenza ho avvertito un innato bisogno di riflettere sulle modalità distoniche di approccio alla realtà. Proviamo a riflettere.

  1. E’ certezza che la scuola anche in Italia riparte progressivamente per tutti gli studenti. Per lunedì 26 Aprile è prevista la riapertura della scuola quasi al completo.
  2. Alla notizia che si riparte sembra che cadano tutti i pericoli denunciati sino a 10 giorni fa. Allora in queste ore si raccolgono i pareri diametralmente opposti: “Che senso ha riportare in classe gli studenti delle Superiori ad un mese dalla chiusura della scuola: ne vale la pena?” Genitori e docenti sono spaventati. Insomma si stava meglio quando si stava peggio. Non abbiamo fatto niente: con che coraggio si riparte? Con il rischio poi degli assembramenti sui mezzi di trasporto, in classe?

Fin dal mese di Maggio 2020 tutti abbiamo invocato la ripartenza dalla scuola e la progressiva e costante ripartenza in quei mesi nei Paesi europei ci dava fiducia.

Abbiamo dimostrato come il diritto alla salute e il diritto alla scuola vadano tenuti insieme.

Man mano che passavano i mesi, in Italia si impennava la curva della deprivazione culturale: 1 milione e 600mila gli allievi non raggiunti dalla dad nella prima fase, con 300mila allievi disabili isolati; per loro la scuola a settembre della seconda fase non riparte, a causa della carenza di organico. La chiusura della scuola a macchia di leopardo di ottobre 2020 produrrà l’allarme di una dispersione scolastica che si impenna: 34mila gli allievi che hanno abbandonato la scuola, 11mila solo nelle scuole pugliesi.

La catastrofe educativa rischia di rubare per sempre il futuro alle generazioni presenti, rendendo il sistema scolastico un privilegio che esclude poveri e disabili.

La luce in fondo al tunnel sembra giungere quando le forze politiche decidono di riunirsi intorno ad un governo di unità Nazionale. Emblematica la frase del premier Draghi “riportiamo la scuola al centro del Paese”.

La riapertura della scuola è un rischio calcolato per un percorso compiuto in questi ultimi due mesi:

  1. È stato avviato un piano vaccinale che ha visto il 75% degli insegnanti vaccinati
  2. Il 76% degli over 80 anni sono stati vaccinati: sono i più fragili e preziosi
  3. E’ stato ampiamente dimostrato che i contagi avvenuti nella scuola sono pochissimi e soprattutto che la chiusura della scuola non ha influenzato l’andamento dell’epidemia.
  4. Numerosi i tavoli di intensa e pacata concertazione fra Roma e le Regioni, come dichiarato dalla Ministra Gelmini e dal Ministro Bianchi.
  5. Che la DAD, per quanto eroica, non sia scuola lo dimostra la realtà: la scuola non è un distributore di nozioni; in questo caso basterebbero vari tutorial. La scuola è socialità, è incontro, non solo fra gli allievi, ma anche in rapporto al corpo docente. Le lezioni in presenza sono vitali per gli studenti: la cultura passa attraverso “tutta” la persona del docente, attraverso il suo sguardo e i suoi gesti, e solo minimamente passa se quest’ultimo è inquadrato nel rettangolino in basso a destra di uno schermo… Per non parlare dei problemi tecnici, soprattutto dalle case di docenti e alunni: una sofferenza l’ascolto, la comprensione, l’espressione. Centinaia di migliaia di studenti sono rimasti al palo.

Vista la situazione, occorre aiutare il Governo quando parla di una scuola che d’estate sigla patti di comunità per recuperare i ragazzi dalla povertà educativa. Gli elementi ostativi hanno il sapore del disimpegno: fa caldo, i ragazzi non sono abituati, i docenti hanno già lavorato. Fino al 31 maggio? Con gli esami di I e secondo ciclo ridotti all’osso per chi li ha?

Quindi proviamo a guardare all’estate come un ponte fra i due a.s. 20/21 e 21/22, come afferma il Ministro Bianchi in riunioni che vedono coinvolti i ministeri di Bonetti e Gelmini.

E’ necessario agire lungo la linea seguente:

  1. Stabilizzare i docenti per avere un organico definito a settembre: sono 150 mila le cattedre coperte da precari. E fare un censimento dei docenti e delle cattedre.
  2. Realizzare patti educativi territoriali per una scuola che viene incontro a studenti e famiglie nei mesi estivi. Un’esperienza positiva che apra ad un sistema scolastico integrato. E qui siamo tutti coinvolti, scuole statali, paritarie, enti pubblici e privati, mezzi di trasporto.
  3. Completare il percorso dell’autonomia per la scuola statale e della libertà per la paritaria.

C’è qualche Regione che ha deciso che si può restare con la didattica in presenza facoltativa. La curva dei contagi decresce, ma in linea prudenziale meglio morire di deprivazione culturale che di Covid…. Risultato: per paura di vivere si muore.

Riapertura scuole quasi al competo, programmata per il prossimo lunedì 26 aprile: libertà è corresponsabilità. Per il governo il “rischio è ragionato” e si può ripartire in presenza. Se non si ragiona, si muore comunque.

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