La barbara uccisione della deputata inglese Jo Cox, impegnata a sostenere civilmente le ragioni della permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea, è un fatto molto grave che ci indigna tutti e deve farci riflettere sul clima torbido ed oscurantista che sta vivendo non solo la Gran Bretagna ma tutta l’Europa. Quando il confronto politico degenera in comportamenti cosi violenti, ingiustificabili, vuol dire che rischiano di saltare tutti i principi fondamentali che regolano la democrazia, la convivenza pacifica ed il pluralismo delle idee. Brexit complica certamente un quadro già molto precario dell’Europa, già indebolito sul piano politico, economico e sociale.
Questa Europa “vecchia, stanca, egoista”, come ha sottolineato Papa Francesco, sta dimostrando di non avere alcun rispetto per la vita umana e la dignità delle persone. E’ la stessa Europa miope del fiscal compact e del rigore economico, che sceglie di monetizzare il proprio disimpegno, come nel caso dell’accordo con la Turchia, pur di sottrarsi agli obblighi internazionali nei confronti dei richiedenti asilo. Ecco perché la Confederazione Europea dei Sindacati ha fatto bene a mobilitarsi in queste giornate: abbiamo il dovere di scuotere il cuore e le menti dei cittadini europei.
L’Unione Europea deve ritrovare nel suo modello sociale e culturale, nei suoi princìpi originari la chiave per una risposta a questa emergenza in linea con gli accordi internazionali per evitare che la questione dei rifugiati – al pari delle politiche economiche sbagliate, dell’insistenza sull’austerità, del crescere delle disuguaglianze e del disagio sociale – divenga un possibile elemento di disgregazione dell’Europa stessa ed il fattore di crisi irreversibile del processo di integrazione.L’Italia è un paese di migranti che sa cosa significhi partire, lasciare la propria terra, i propri affetti. Sappiamo cosa sia la sofferenza dello sradicamento dal proprio territorio. Proprio per quello che siamo stati, oggi siamo chiamati in questa fase della storia a dare un grande esempio al mondo rispetto all’accoglienza, all’inclusione, alla solidarietà.
E insieme a noi, lo possono fare tanti esponenti del sindacalismo di tutta Europa, ribadendo i valori che hanno ispirato la nascita del “sogno” europeo, che è soprattutto comunanza di idee e di principi, possibilità di integrazione, centralità dei diritti umani, progetto di una casa comune. Tutti gli Stati europei hanno sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sullo Statuto dei rifugiati del 1951, conosciuta come Convenzione di Ginevra. Abbiamo il dovere di accogliere coloro che chiedono asilo politico per fuggire da guerre, persecuzioni, dittature, minacce all’integrità della propria esistenza.
Lo fanno altre nazioni, molto povere, con reddito bassissimo, spesso teatro anche al proprio interno di guerre sanguinose e di esodi di massa. Parliamo del Pakistan, l’Iran, il Libano, la Giordania, la Turchia, il Kenya, che ha il più grande campo profughi del mondo, da più di 50 anni, il campo di Dadaab, con oltre mezzo milione di rifugiati soprattutto dalla Somalia. Questa è la realtà che non ci viene raccontata: l’80% dei rifugiati del mondo sono ospitati da paesi che una volta definivamo del “Terzo mondo”.
La Tunisia che ha 11 milioni di abitanti accoglie 1 milione di cittadini libici, il Libano che ha 4 milioni e mezzo di abitanti accoglie quasi 1 milione di rifugiati: perché l’Europa con i suoi oltre 400 milioni di abitanti oggi deve sentirsi minacciata dall’arrivo dei profughi?
Bisogna ristabilire la verità, esorcizzare le paure, invitare a dare prova di coraggio perché l’Europa sia all’altezza dei suoi valori ispiratori.
L’Italia finora ha ben operato rispetto ai rifugiati. In particolare con il Migration Compact, ha richiesto all’Europa la gestione comunitaria dei flussi migratori e, al di là dell’emergenza, di affrontare alla radice il fenomeno migratorio con un grande progetto di cooperazione internazionale, che investa sullo sviluppo dei Paesi africani che lo alimentano, finanziato con un’emissione straordinaria di Eurobond e in grado, nel lungo periodo, di ricondurre il fenomeno a dinamiche fisiologiche.
Questo deve essere oggi il percorso. Ma dobbiamo combattere anche le condizioni di illegalità e sfruttamento dei migranti, il capolarato, il ricatto della malavita che fa vergognosi guadagni sulla pelle di tante povere vite. La parità di trattamento e l’ inserimento dei rifugiati nel mercato del lavoro rappresentano anche una opportunità di sviluppo. Occorrono servizi pubblici adeguati, alloggi, centri di accoglienza ben equipaggiati, investimenti in grado di incentivare la crescita economica e la creazione di posti di lavoro di qualità a vantaggio di tutti. Questa deve diventare oggi la sfida dell’Europa.
Dobbiamo saper integrare i profughi e nello stesso tempo rilanciare i valori della coesione, della giustizia sociale, del lavoro come opportunità di inclusione e di riscatto, nel rispetto delle fedi e delle diverse identità. E’ una battaglia culturale che dobbiamo fare, a partire dalla scuola e nei posti di lavoro, per costruire una vera Europa politica di pace e di progresso, nell’universalità dell’estensione dei nostri diritti.