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Rilanciare la crescita

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La sola politica del lavoro, senza una vera politica della crescita, non va più in là dell’apprendistato o dei voucher. E’ dal Governo Monti che non si fa una politica per la crescita, obiettivo primario per un Paese che deve assolutamente diminuire il peso del debito pubblico e che deve ritornare a creare occasioni di lavoro. Il Paese sta pagando caro sulla sua pelle la scelta del Governo dei Professori: dai giovani disoccupati ai precari ai cassaintegrati lasciati sul bagnasciuga sino all’impoverimento del ceto medio. Contemporaneamente il debito pubblico è cresciuto, gli immobili si sono deprezzati e molte nostre aziende sono diventate bottino per gruppi cinesi, tedeschi e francesi.
La pseudo riforme di questi anni stanno dando risultati molto al di sotto di quelli ottenuti dalle riforme strutturali di Schroeder nei primi anni 2000 in Germania. Per una politica della crescita occorre intervenire in almeno sei direzioni: riduzione strutturale della pressione fiscale attraverso un taglio della spesa pubblica improduttiva; investimenti infrastrutturali che oltre a creare occupazione immediatamente servono a rendere più accessibile il Paese e quindi ad attrarre investimenti dall’estero; riduzione della complessità della burocrazia italiana (un solo esempio molto significativo nel settore dello scambio delle merci: l’immediata costituzione dello sportello unico dei controlli nei nostri porti in attuazione della legge di riforma Delrio: questa operazione a costo zero renderebbe più competitivi i nostri porti); riduzione del costo dell’energia; investimenti nella Manifattura 4.0 e nelle piattaforme telematiche; infine, piani di sviluppo del Turismo e della logistica, due “polmoni” di lavoro su cui hanno puntato i grandi Paesi europei, dalla Germania all’Inghilterra, dalla Francia all’Olanda.
Per far questo occorre ricreare una solidarietà sociale e nazionale che coinvolga tutto il mondo dell’impresa, si deve ricreare lo spirito degli anni del boom economico quando Di Vittorio non si sognò di dire no agli investimenti in infrastrutture come hanno fatto in questi anni una parte del sindacato e, in Val Susa, persino alcuni parroci.
La crescita nelle economie libere e nell’epoca della globalizzazione la può fare un Sistema Paese libero e competitivo e in rete con l’economia europea e mondiale. Da questo punto di vista anche un Ministro, che io stimo molto, come Delrio ha perso oltre un anno nella ricerca delle “opere utili” da finanziare e mettere in moto quando la realizzazione della parte italiana dei 4 corridoi ferroviari europei è il più grande asset di sviluppo a disposizione. Quei 4 corridoi, fatti inserire nella rete europea dei trasporti su rotaia dal Governo Berlusconi il 19.11.2011 renderanno l’Italia il crocevia (Area Logistica del Sud Europa) del trasporto passeggeri e merci dell’Europa del Sud verso il Mediterraneo, l’Africa, il Medio Oriente e l’Oriente. I nostri maggiori porti e gli aeroporti diventeranno strategici per il turismo internazionale e per la logistica. Con aeroporti meglio collegati e con una rete ferroviaria ad Alta velocità collegata all’Europa, con tempi dimezzati, potremo attrarre insegnanti, ricercatori, studenti europei nei nostri Politecnici e nei nostri Centri di ricerca. Con la realizzazione della TAV e del Terzo Valico i nostri porti meglio collegati con l’Europa, a partire da quello di Genova-Savona, necessitando di alcuni giorni di viaggio in meno rispetto ai porti del Nord Europa, potrebbero attrarre non solo i 600.000 container destinati alle nostre aziende, che attualmente usano i più efficienti porti di Rotterdam e Anversa, ma anche i traffici destinati alla Svizzera e alla Germania del Sud.

Mino Giachino: