Ecco, potremmo considerarle alla stregua delle elezioni di midterm americane. Del resto i nuovi tempi della politica richiedono tagliandi molto più serrati. L’usura delle maggioranze variabili e asimmetriche, quale è quella fra la Lega e il Movimento 5 stelle, è molto più rapida rispetto a quanto è possibile vedere ad occhio nudo, servono lenti speciali. Le elezioni regionali dell’Abruzzo sono un po’ tutto questo. La schiacciante vittoria del centrodestra e la cocente sconfitta del M5s non potranno non avere riflessi sul governo. Tutto sta capire quando e come, se prima o dopo le elezioni europee e se sull’economia o sull’immigrazione. Dopo il risultato delle urne abruzzesi, con la prospettiva della crisi sarda davanti, il quadro generale è di grande fibrillazione. Acuito dallo scontro con la Francia, sul quale Mattarella sta mettendo in campo il peso del Quirinale. Chiaramente il capo dello Stato non può e non vuole dettare la linea al governo ma il Colle deve ricordare a tutti quali sono le regole del gioco, al netto di tutti i gilet. Dunque non sarà Parigi a creare il caso. Macron è servito come effetto collaterale. Il punto di rottura sarà solo e soltanto interno. Certo Salvini si è affrettato a ribadire che si tratta del “voto abruzzese, non penso M5s abbia alcunché da temere. Per quanto mi riguarda al governo non cambia nulla”, ma non toglie affatto dal tavolo l’opzione ribaltone. Anche se il vero nodo resta un altro. Salvini, baciato dai sondaggi e benedetto dal sole della storia, per tornare a fare un governo con il centrodestra deve scippare il maggior numero possibile di elettori a Forza Italia. Soltanto quando Berlusconi sarà marginale e la coalizione non sarà più una società per azioni ma una semplice ditta con due soci, Lega e Fratelli d’Italia con forze minori attorno, il leader del Carroccio cambierà la scena e gli attori a cui affidare un nuovo copione. Sostiene Renata Polverini, deputata azzurra di primo piano, che “il centrodestra, unito, vince ed è maggioranza nel Paese. Il voto in Abruzzo lo dimostra. E' l'unica alternativa seria e credibile alle politiche disastrose che il Governo giallo-verde sta mettendo in campo lasciando precipitare l'Italia in recessione. Matteo Salvini, se ha davvero a cuore il Paese, abbia il coraggio di staccare la spina. Solo il programma sottoscritto prima dalle elezioni da Berlusconi, Salvini e Meloni può far ripartire la crescita”. Più che un commento, quello della parlamentare azzurra, è un appello, una mozione degli affetti che non scalda né il cuore né la mente. Si limita solo a ricordare gli antichi fasti di un passato che non può ritornare. Oggi ci sono altri contratti con gli italiani e Salvini li sta usando per svuotare Forza Italia e sfiancare i 5 stelle. Il voto di domenica ha reso evidente tutto ciò. E il primo risultato potrebbe un drastico cambio dell’agenda di governo, magari cambiando le priorità o invertendo l’ordine dei fattori. Dunque non più una maggioranza alla pari ma un sopra e un sotto. “Non ci sarà mai una patrimoniale e tasse sui redditi e sulle case”, spiega il vicepremier Matteo Salvini. Se non è una prova di sicuro è un serio indizio. Soprattutto per la pancia leghista che non sopporta più i 5 stelle, entrati nel loop del partito del no contro quello del sì. Per questo il popolo del Carroccio al massimo li tollera. Chissà fino a quando però…