Ragionando in ottica referendum sul taglio dei parlamentari, e volendo affrontare la questione dal punto di vista strettamente “numerico”, ritengo convincente la ricostruzione che fa il professor Carlo Fusaro, disponibile online in versione integrale. I risparmi immediati sono scarsi, ma in un paio di decenni, a regime, si può ipotizzare un ridimensionamento di almeno il 25% dei costi: nell’ordine di 300 o 400 milioni all’anno e 1,5-2 miliardi per legislatura da cinque anni.
Il punto, però, non è quello di mettere il risparmio in numeri, quella è la conclusione di un ragionamento.
Il punto di partenza è questo: servono, a un Paese come l’Italia, 945 parlamentari eletti per dare la fiducia quando sono 650 nel Regno Unito (col progetto di scendere a 600), 577 in Francia (col progetto di 404) e poco più di 700 in Germania che ha circa un terzo di popolazione in più? A me sembra una spesa eccessiva. Per questo scendere a 600 è ragionevole.
Alla Camera e al senato la rappresentanza sarà in proporzione alla popolazione. Al Senato scendono alcune Regioni ma perché erano sovra-rappresentate rispetto agli abitanti. C’è casomai il problema che nelle Regioni piccole da 3, 4 o 5 possono essere compresse alcune minoranze, ma questo non è un problema di legge elettorale che non può certo moltiplicare i seggi. E’ uno dei due punti chiave della riforma costituzionale Fornaro, uno dei correttivi concordati dalla maggioranza, che va in Aula il 25 settembre. Essa consentirà circoscrizioni pluriregionali e quindi in quella macro area una rappresentanza più accurata delle minoranze.
Per quanto riguarda le Commissioni, è evidente che, specie al Senato, occorrerà modificare il Regolamento accorpandone alcune. Ovviamente, però, le modifiche regolamentari, per le quali è stato già avviato un lavoro istruttorio, non possono che essere approvate dopo il referendum.