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Referendum lombardo-veneto: serve a qualcosa?

Sulla Lombardia e sul Veneto spira il vento della Catalogna? Una lettura molto sommaria e del tutto erronea potrebbe portare ad assimilare i due referendum che si svolgeranno domenica in queste due Regioni al referendum catalano. L’analogia è solo nella parola “referendum”, mentre sono del tutto diversi il contenuto della domanda che viene rivolta agli elettori ed il contesto istituzionale e politico.

Lombardia e Veneto si muovono nel rispetto del principio autonomistico, previsto dall’articolo 5 della Costituzione, e sono del tutto fuori da una prospettiva di secessione. Del resto la Costituzione non lo tollererebbe, giacché le autonomie sono configurate dalla stessa disposizione in una Repubblica “una e indivisibile”.

Il rispetto dell’unità nazionale è addirittura richiamato nel quesito referendario sottoposto agli elettori lombardi, ai quali si chiede se intraprendere le iniziative istituzionali necessarie per chiedere allo Stato “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”. Il Veneto ha adottato una formula generica e poco precisa, ma la sostanza non cambia.

In tutti e due i casi si tratta di referendum consultivi previsti dai rispettivi statuti regionali, e destinati non ad approvare o abrogare una legge, ma a dare un indirizzo agli organi regionali. In questo caso a chieder loro di chiedere, si passi la ripetizione, di attivare le procedure previste dall’articolo 116 della Costituzione per ottenere, appunto, “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” nelle materie che la Costituzione prevede.

Nulla di eversivo, dunque. Semmai si può osservare che non viene neppure indicato su quali modalità e contenuti dovrebbe muovere l’iniziativa regionale per raggiungere una intesa con lo Stato, ed ottenere poi che le Camere, a maggioranza assoluta dei componenti, attribuiscano le nuove competenze.

L’iniziativa delle Regioni per promuovere una intesa con lo Stato ed ottenere una maggiore autonomia potrebbe essere presa senza un passaggio referendario. Se, come sembra, nelle istituzioni politiche rappresentative c’è un largo accordo, non si vede la ragione di una consultazione referendaria che assume i contorni di un sondaggio. In definitiva un referendum inutile, ma non dannoso.

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