Intervento

Referendum sulla giustizia: le buone intenzioni lastricano una certa via

È difficile contestare le buone intenzioni poste a base dei sei quesiti referendari “per la giustizia giusta” ci sono tutte: proposti dal Partito radicale e dalla Lega, per essi domani inizia la raccolta delle firme, fino al 30 settembre. Non si può non essere d’accordo sulla responsabilità dei magistrati per loro condotte arbitrarie, sulla separazione delle carriere fra P.M. e giudicanti, sulla limitazione degli abusi nella privazione della libertà personale, sul rendere la vita meno angosciante per i pubblici amministratori, sulla riduzione del peso correntizio nel CSM.

Mai però come in questo caso risulta evidente che le buone intenzioni lastricano una certa via. Certamente non aiuta lo strumento del referendum, esclusivamente abrogativo, capace di ‘togliere’, ma non – in materie complesse – di costruire qualcosa che regga.

Si pensi alla separazione delle carriere. Se il referendum fosse approvato, il concorso di magistratura resterebbe unico, e unico rimarrebbe il CSM: il concorso unico per carriere separate è una palese contraddizione. Si pensi al referendum sulla custodia cautelare; premesso che le limitazioni della libertà della persona prima della sentenza definitiva sono consentite a condizione che vi siano i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari, una di queste è il pericolo di reiterazione del reato: a referendum approvato esso permarrebbe per i reati di mafia, di terrorismo, o commessi con armi o altri mezzi di violenza personale, ma resterebbero sguarnite di ogni tipo di misura cautelare condotte come la rapina o l’estorsione, se poste in essere senza armi e senza mezzi di violenza personale, per es. ricorrendo alla ‘sola’ minaccia, o come la cessione di sostanze stupefacenti, anche di rilevante entità, purché non accompagnate dalla partecipazione ad associazioni per delinquere volte al traffico della droga, o come delitti anche gravi contro la pubblica amministrazione o contro l’incolumità pubblica. È questa quella certezza della pena di cui parla taluno dei promotori?

Analoghe considerazioni, di inutilità o di pasticcio come esito, attengono agli altri quesiti: per ulteriori dettagli rinvio alla trattazione che ne è stata fatta su www.centrostudilivatino.it

Resta il nodo politico di referendum appoggiato da un partito presente con propri ministri nel governo in carica, e nella maggioranza che lo sostiene: da una posizione simile ci si attende che siano formulate proposte di riforme e sostegno del loro iter parlamentare, e che tali riforme riguardino anzitutto l’architettura costituzionale, in particolare l’assetto del C.S.M. E la modifica della Costituzione può avvenire solo in Parlamento.

Senza trascurare che, contestualmente alla raccolta delle firme per i referendum sulla giustizia parte analoga raccolta, su iniziativa dell’Associazione Luca Coscioni, per il referendum sulla legalizzazione dell’eutanasia. Siamo sicuri che – vista la vicinanza fra tale Associazione e il Partito radicale – la richiesta di sottoscrizione non sia proposta dai medesimi banchetti, o almeno da una parte di essi?

Alfredo Mantovano del “Centro Studi Livatino”

Alfredo Mantovano

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