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Recitare l’Ave Maria, ecco perché non è un semplice saluto alla Vergine

Foto di Jon Tyson su Unsplash

Si dice spesso che l’Ave Maria è la preghiera dei poveri, ed è probabilmente vero. La si chiama talvolta, anche con il nome latino di “salutatio angelica”, il testo è un insieme di lodi e suppliche alla Madre di Gesù. La più recente traduzione della Bibbia, superando tutte le versioni precedenti: “Ave, salve, ti saluto…”, ha reso giustizia all’originale greco “kàire”, traducendo “Rallegrati piena di grazia”. Essa consiste, appunto nelle parole riportate dal Vangelo di Luca, che l’angelo Gabriele disse a Maria, quando fu mandato da Dio a Nazareth: “Ti saluto o piena di grazia, il Signore è con te”, e nelle parole della cugina Elisabetta che si rivolge alla Vergine dicendo: “Tu sei benedetta fra le donne, e il frutto del ventre tuo è benedetto”.Gregorio di Nissa (335-395) nel 378 nelle sue omelie cita frequentemente le parole dette durante l’Annunciazione.

Analizzando semplicemente questa preghiera vediamo che la prima parte riprende le parole dell’Angelo, nella seconda viene riportato l’episodio della Visitazione, quando Maria si reca a trovare Elisabetta, la supplica è la terza parte, ed è una richiesta fatta alla Vergine. I due saluti sono stati riuniti in una stessa preghiera nel IV o V secolo, in particolare in un’antifona nelle liturgie greche dette di San Giacomo, di San Basilio e di San Marco, prima della festa del Natale, e dopo la parola “Ave”, inseriscono il nome Maria, le Chiese d’Oriente e quella Bizantina aggiungono assai presto a questo primo saluto: “perché hai generato il Salvatore delle anime nostre”, oppure: “…Hai partorito il Salvatore delle nostre anime…”, che equivale al “ frutto del tuo seno Gesù…”.

In Occidente, la prima parte dell’Ave Maria entra nella liturgia latina nel VI secolo, nell’antifona offertoriale di una messa dell’Avvento, attribuita al Papa Gregorio I (540-604) detto il “Magno”. Diventa una preghiera più personale nel VII secolo, ma il suo uso al di fuori della liturgia, resta raro fino al 1198. Proprio in questo periodo il vescovo di Parigi Oddone di Seliac invita i preti a recitare insieme con il Padre Nostro e il Credo anche l’Ave Maria. La formula usata nella Chiesa di Roma entrerà in vari versetti e responsori del “Piccolo Ufficio della Beata Vergine”, che nasce e si forma intorno all’XI secolo.

Negli anni che seguirono, la recita dell’Ave Maria andò sempre più diffondendosi e i Certosini nel 1251, introdussero la preghiera al termine della giornata. Successivamente nel XIII secolo l’uso si sviluppa largamente: in Francia, Spagna, Germania e Inghilterra; così anche gli Ordini religiosi, come i Cistercensi, i Certosini, i Domenicani e molti altri adotteranno questa preghiera.

Sul finire del XIII secolo, nel testo della preghiera, dopo la conclusione del saluto di Elisabetta, si introduce l’uso di aggiungere il nome Gesù. E in quel periodo si inizierà a recitarla al mattutino e nell’orario della Beata Vergine.

L’Ave Maria termina con le parole di Elisabetta: “E benedetto il frutto del tuo seno”; spesso nel lontano passato si recitava accompagnata da un inchino o da una genuflessione, o veniva ripetuta più volte come gesto di penitenza. In Italia la più antica formulazione completa dell’Ave Maria si trova nel libro del francescano Antonio da Stroncone (1381-1461) il cui culto come beato è stato confermato da Papa Innocenzo XI (1676-1689) nel 1687, il libro di preghiere, è conservato nella chiesa di S. Damiano ad Assisi. Sarà il pontefice Papa Sisto IV (1471-1484) a concedere un’indulgenza di trenta giorni a coloro che concluderanno l’Ave Maria con le parole “Gesù Cristo. Amen”.

C’è da ricordare che un po’ alla volta nascerà il bisogno di contemplare questa preghiera che ha preso forma nel medioevo, molti lo faranno liberamente e spontaneamente; così Bernardino da Siena (1380-1440) prima del 1440 in un sermone che si conclude con l’Ave, scrive: “…E io non posso impedirmi di aggiungere: Sancta Maria ora pro nobis peccatoribus, Santa Maria prega per noi peccatori!”. Verso il 1500, su molti breviari si trova: “Ora e nell’ora della morte.  Amen!”.

Il Papa Pio V (1566-1572) ordinò nel 1568 che l’Ave Maria fosse recitata in tutta la Chiesa universale, e la preghiera venne introdotta come antifona nel “Breviario Romano” per la festa dell’Annunciazione, ed imponeva inoltre ai sacerdoti di recitarla nelle ore canoniche, dopo il Padre Nostro.

Nel XVI secolo, appare la prima volta, la seconda parte della formula: “Santa Maria”, questa parte del testo di preghiera potrebbe forse avere radici remote nelle “Litanie dei Santi “, che a partire dal VII secolo, sono presenti nella Liturgia Romana.

Infine, una curiosità, nell’ “Enciclopedia Popolare Illustrata” del 1886 diretta dal prof. Francesco Sabatini (1852–192) considerato anche il padre della “Romanistica”, a proposito dell’Ave Maria si legge che: “…Si disputava tuttavia sull’epoca in cui nacque il costume di recitarla al suono della campana tre volte al giorno. Trovasi però che un certo Buonvicino da Riva, milanese dell’Ordine degli Umiliati, (un movimento religioso sorto in Lombardia intorno al XII secolo e fondato secondo la leggenda dal sacerdote Giovanni Oldradi di Meda (1100- 1159) che visse verso il 1287, fece il primo suonare le campane a Milano e nel territorio all’Ave Maria: non si sa né quante volte il giorno, né quante Ave Marie si recitassero …”.

Dire un’Ave Maria, non è solamente un saluto alla Vergine, ma è soprattutto un modo semplice, per dirle grazie per tutte le volte (cioè sempre) che intercede per noi presso Gesù.

San Luigi Maria Grignion de Monfort (1673-1716) autore, tra l’altro, de: “Il trattato della vera devozione a Maria” ripeteva spesso che l’Ave Maria, contiene in sé i principali misteri della fede cristiana: l’incarnazione, la maternità divina di Maria e la sua intercessione, e insegnava che la recita devota dell’Ave Maria può condurre a una profonda trasformazione interiore, avvicinando l’anima a Cristo e rendendola più simile a Maria.

Nel Breviario dell’Ordine dei Mercedari, del 1514 viene adottata una formula dell’Ave Maria identica a quella attuale, che recitiamo ogni giorno.

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