I rapporti tra il continente europeo e l’Africa avranno un ruolo sempre più determinante per il futuro di tutta l’umanità, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo economico sostenibile a 360 gradi, sia dal punto di vista demografico e sociale, ma anche ambientale i quali, in molti casi, sono alla base dei movimenti migratori. Inoltre, negli ultimi decenni, pur essendosi verificata una riduzione complessiva della povertà assoluta e un aumento generale del PIL, molti Paesi di quel continente sono lambiti da diverse difficoltà che impediscono un processo di crescita uniforme, come ad esempio i numerosi conflitti, i mutamenti climatici i quali, purtroppo, in diverse aree sono accompagnati da una progressiva desertificazione e da coltivazione intensive che, molto spesso, provocano gravi danni ambientali.
Alla luce di ciò occorre che, i Paesi del G7, compiano uno sforzo coordinato per favorire uno sviluppo più sostenibile, favorendo nuove forme di agricoltura in grado di garantire la sicurezza alimentare e ambientale a una popolazione crescente al quale, senza se e senza ma, deve essere garantita una sussistenza alimentare di qualità. Questa azione però, deve essere svolta in maniera concordata con i diversi governi africani, contribuendo alla diffusione di buone pratiche di governo in grado di mettere sempre la tutela delle persone al centro di un’azione orientata ad un futuro più consapevole e inclusivo.
In tale ambito, voglio ricordare che, oltre mezzo secolo fa, nel 1967, Paolo VI, nell’enciclica “Africae Terrarum”, ci invitava a trovare una soluzione alle problematiche che, a quel tempo, attanagliavano i Paesi del cosiddetto “Terzo mondo”, esortando i cristiani e la Chiesa a non rimanere spettatori passivi dell’Africa e fornire risposte basate sul principio di fraternità. Ad oggi, in un contesto internazionale profondamente cambiato, questi precetti sono ancora di estrema attualità e ci esortano a tendere la mano al continente africano, fornendo il supporto adeguato ad affrontare le sfide comuni del nostro tempo a cui occorre dare risposte adeguate prima che sia troppo tardi. Da cittadini e da cristiani, in questo tempo difficile, dobbiamo sforzarci di applicare concretamente i precetti contenuti nella Dottrina sociale della Chiesa senza alcuna esitazione, anche e soprattutto verso coloro, pur essendo fisicamente lontani da noi, stanno vivendo una condizione di difficoltà. Se avremo il coraggio di fare questo, la nostra “Casa comune”, diventerà un posto migliore.