E'doveroso non tacere dinanzi a coloro che ancor oggi propugnano aborrite concezioni di “lavoro sessuale” miranti a normalizzare e volte promuovere ciò che è una violazione dei diritti umani; far assurgere la donna ad oggetto e come bene di consumo legale, mina nel profondo la società, la vita delle giovani generazioni e delle persone più vulnerabili.
L'oggettivazione della persona ed in particolare della donna, è la più terribile ed alta forma di deumanizzazione. La strumentalizzazione del corpo, o in casi peggiori, di parte di esso, è un virus silenziosamente insidioso, che contribuisce al mantenimento dell'ineguaglianza dei generi, alla diffusione di comportamenti sessisti e, soprattutto, è il passo più “breve” per arrivare a legittimare la violenza che tante vittime continua a mietere ogni giorno nel nostro paese.
Un anno dopo l'adozione della Dichiarazione Universale di Diritti Umani, le Nazioni Unite adottarono la Convenzione per la repressione del Traffico di persone e sfruttamento della prostituzione (1949) e questa convenzione è parte degli strumenti universali per i diritti umani, trattato vincolante che si concentra specificamente sulla prostituzione e il suo sfruttamento.
Nel suo preambolo, si afferma a chiare lettere che la prostituzione e il male che l'accompagna cioè il traffico di persone è “incompatibile con la dignità e il valore della persona umana“.
La prostituzione è riconosciuta esplicitamente come una violazione della dignità e del valore della persona umana da parte del diritto internazionale dei diritti umani e tutti gli organismi e le agenzie delle Nazioni Unite da tempo si sono obbligate all'eliminazione del sistema prostituente e alla protezione delle vittime di questa piaga.
E così, a fronte di questo percorso di civiltà e a fronte di un orientamento politico europeo che piuttosto avanza verso nuove frontiere di civilizzazione (cfr. Risoluzione Honeyball Parlamento EU/2014 a favore del c.d. modello nordico e nuova legislazione Francese sulla punibilità del cliente), lascia basita e sconcertata la tendenza retriva di chi vuole ripristinare concezioni misogine con l'argomentazione di un'autodeterminazione che nulla a che vedere con l'esercizio davvero libero della sessualità come alta forma di espressione della relazione umana.
L'acquisto di prestazioni sessuali è la più barbara forma di mercificazione della persona come oggetto di scambio di relazioni che sono sempre per la loro natura predatorie, ìmpari, e che espongono a drammatiche conseguenze proprio le persone più vulnerabili. Vale qui la pena ricordare quanto il Segretario Generale delle Nazioni Unite affermò già tempo addietro rispetto all'acquisto di sesso nel suo Bollettino Speciale 2003 ” Lo scambio di denaro, lavoro, beni o i servizi per il sesso sono proibiti (..)”.
I principi e lo spirito sottesi alla legge internazionale dei diritti umani in materia sono più che chiari:
• L'obbligo degli Stati attuatori di combattere l'oggettivizzazione della donna nella prostituzione, e al non farsi complici della gestione di case di tolleranza e del reclutamento
• L'abrogazione di tutte le misure repressive contro le persone prostituite offrendo loro protezione e opzioni di uscita e di affrancamento dall'esercizio della prostituzione
• La Proibizione dell'acquisto di atti sessuali e l'impegno per l'eradicazione della domanda che è il punto d'inizio dello sfruttamento sessuale e una forma di abuso sessuale in sé in quanto riduce la persona ad oggetto e merce.
Le anacronistiche redivive argomentazioni di chi ancora tra le femministe si pronuncia per la legittimazione del lavoro sessuale è il segno di un intollerabile, pessimo, femminismo misogino.