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Quando la ricerca è contro l'uomo

Certamente il dott. Josef Mengele, che ad Auschwitz e Birkenau studiò attraverso sezioni ripetute i corpi di bambini gemelli per metterne in evidenza le differenze anatomiche dalle quali trarre indicazioni per future sperimentazioni, si sarebbe rallegrato alla notizia che il ricercatore cinese He Jiankui dell’Università di Shenzen ha creato, attraverso la manipolazione del genoma, due bambine Lulu e Nana geneticamente modificate sì da renderle immuni al virus dell’Hiv contratto dal padre, anche se in realtà sembra che solo in una delle due si sarebbe verificata tale evenienza. La tecnologia di editing genetica adottata è la Crispr (Clustered regularty interspaced short palindromic repeats) che rappresenta un sistema di “forbici” molecolari impiegato per tagliare il Dna in punti specifici e che permette di cancellare, sostituire e riscrivere intere sequenze geniche usando la proteina batterica Cas9. Di tale sperimentazione genetica annunciata, in realtà non se ne ha sicura conferma avendo preso le distanze da He Jiankui la stessa Università di Shenzen oltreché, unitamente a 122 scienziati cinesi, la maggior parte della comunità scientifica internazionale.

Così come affermato da San Giovanni Paolo II, “ciò che è tecnicamente possibile, non è per ciò stesso moralmente ammissibile”, in egual modo la scienza deve avere dei limiti nella ricerca “legati al rispetto della stessa natura umana intesa nel suo significato integrale”. A queste considerazioni di natura prettamente etica, si aggiungono delle riserve altresì scientifiche sul fatto che uno studio per avere valenza dimostrata deve essere validato dalla pubblicazione su riviste internazionali. Con l’editing genetico a fronte dei possibili successi attesi, si potrebbe anche andare verso un altissimo rischio di modifiche non considerate e quindi imprevedibili, al contrario delle terapie geniche oggi disponibili che permettono di curare eticamente e con successo, intervenendo con forbici molecolari sulle cellule somatiche, malattie quali la talassemia, la fibrosi cistica ed alcune forme leucemiche senza dover necessariamente intervenire modificando il genoma.

Sembra dunque esser ancora lontani dalla certezza che quanto annunciato dal ricercatore cinese sia una sicura evidenza scientifica, ma la voragine etica che in tal modo inevitabilmente si è aperta o che in futuro si potrebbe aprire è certamente di proporzioni devastanti. Nell’immaginario collettivo si pensa erroneamente che con questa metodica si possa teoricamente andare verso la costruzione del superuomo o dei moderni supereroi sottovalutando però che, qualora la sperimentazione non fosse più controllabile, potrebbe produrre effetti negativi non attesi o prevedibili. Siamo poi certi di esser realmente lontani da questi “possibili” futuri ed inquietanti scenari? E quale sarà, se mai ci sarà, il limite che l’uomo porrà a sé stesso nella ricerca? Provocatoriamente si è citato Mengele, ma si può esser sicuri che la spasmodica ricerca scientifico-sperimentale non diventi una sfida a mezzo della scienza tra l’uomo ed il futuribile? E se vale il principio che tutto ciò che appartiene alla ricerca è per l’uomo, siamo poi sicuri che non diventi contro l’uomo? O piuttosto non ci sia il serio rischio che il desiderio del nuovo e dell’ignoto non si appropri del nostro ego tanto dal finire col distruggerci?

Stefano Ojetti – Vicepresidente nazionale Amci (Associazione Medici Cattolici Italiani)

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