La platea per il secondo richiamo (quarta dose), secondo la fondazione Gimbe, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 11,9 milioni possono riceverlo subito, 1,8 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 5,4 milioni l’hanno già ricevuto. Al 16 dicembre (aggiornamento ore 06.18) sono state somministrate 5.436.818 quarte dosi, con una media mobile di 20.836 somministrazioni al giorno, in aumento rispetto alle 19.890 della scorsa settimana (+4,8%).
In base alla platea ufficiale (19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti) il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 28,4% con nette differenze regionali: dal 12,8% della Calabria al 42,2% del Piemonte (figura 13).
Considerato che la platea per la quarta dose non viene aggiornata da due mesi, evidenzia il Gimbe, e la rendicontazione ufficiale comprende tutte le persone che ricevono la quarta dose, sia quelle incluse nella platea, sia quelle che la effettuano “su richiesta”, il tasso di copertura è certamente sovrastimato. Il 72% di over 60 e fragili sono senza quarta dose.
Al 23 dicembre, sono 656.154.814 i casi di Covid-19 in tutto il mondo e 6.675.297 i decessi. Mappa elaborata dalla Johns Hopkins CSSE. E’ importante conoscere la durata della protezione: se fosse inferiore all’anno e poiché almeno 4 dei 5 vaccini richiedono la somministrazione di 2 dosi a circa uno-tre mesi di distanza e tutti una dose di richiamo (booster) a distanza di 4-6 mesi, l’impegno per una campagna di vaccinazioni di massa sarebbe molto gravoso.
Abbiamo dati che, nei soggetti guariti, la presenza di anticorpi neutralizzanti si mantiene per almeno 6 mesi e, in più, che l’immunità cellulare determina lo sviluppo di cellule memoria protettive a lungo. Abbiamo dati che fanno ritenere che questi eventi si realizzano anche per l’immunità indotta dal vaccino. Resta da stabilire il correlato di protezione, ossia la soglia anticorpale protettiva.
Inoltre, sarà importante conoscere in che misura l’efficacia sarà accertata per tutte le popolazioni, in particolare se anche per gli anziani con comorbosità, che rappresentano i soggetti a maggior rischio.
Ogni anno il ministero della Salute pubblica il report “Monitoraggio dei LEA attraverso la cosiddetta Griglia LEA” che, attraverso l’assegnazione di un punteggio, attesta l’erogazione delle prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire ai cittadini gratuitamente o attraverso il pagamento di un ticket. Si tratta, secondo il Gimbe, di una vera e propria “pagella” per la sanità che permette di identificare Regioni promosse (adempienti), pertanto meritevoli di accedere alla quota di finanziamento premiale, e bocciate (inadempienti)».
Le Regioni inadempienti sono sottoposte ai Piani di rientro, strumento che prevede uno specifico affiancamento da parte del ministero della Salute che può sfociare sino al commissariamento della Regione. Non sono sottoposte alla verifica degli adempimenti: Friuli Venezia-Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Intanto la ricerca sul Covid procede in tutto il mondo. In tema di comparsa di nuove mutazioni, uno studio (Riddell A.C. e altri) ha segnalato l’insorgenza di nuove varianti del ceppo B.1.1.7 in tre pazienti con infezione avanzata da HIV ed affetti da una forma di lunga durata di COVID-19.
In questi soggetti, per il perdurare dell’infezione da SARS-CoV-2, senz’altro favorita dallo stato di immunodepressione causato da HIV, si generano una serie di mutazioni dello spike che possono determinare l’immuno-evasione e l’aumentata trasmissione virale. Tra i meccanismi più efficaci per contrastare l’infezione virale, si annoverano le cellule natural killer (NK) che distruggono le cellule infettate ed impediscono lo sviluppo dell’infezione. In corso di COVID-19, questa importante funzione antivirale sarebbe alterata proprio per la presenza di una proteina non strutturale di SARS-CoV-2 (Nsp1) che riduce l’espressione del recettore presente su queste cellule, impedendo in questo modo la distruzione delle cellule infettate dal virus (Lee M.J e altri).
La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) insorge in corso di COVID-19, quando il virus non c’è più e prevale lo stato di iperinfiammazione, anche se i meccanismi responsabili alla base di questa situazione clinica restano ancora ampiamente da chiarire. In una recente ricerca (Tojo K e altri) si prospetta, studiando sia un modello murino d’infezione che il tessuto alveolare dei pazienti con COVID-19, che la necrosi delle cellule epiteliali degli alveoli polmonari stimoli la produzione e la liberazione di un potente mediatore (DAMP5), che è in grado di causare la grave condizione clinica, conosciuta come ARDS, che senz’altro oscura la prognosi di COVID-19.
È noto che il diabete può aggravare l’evoluzione di COVID-19 e, per meglio chiarire questo aspetto, è stata effettuata un’analisi sistematica ed una meta-analisi (Zheng Zhu e altri) che ha valutato l’effetto sulla malattia di 8 farmaci ipoglicemizzanti in pazienti diabetici infettati con SARS-CoV-2. I dati clinici sono stati ottenuti da 31 studi osservazionali che hanno riguardato oltre 3,5 milioni di pazienti diabetici ospedalizzati per COVID-19. L’uso dei farmaci ipoglicemizzanti (pur con delle differenze tra di loro), controllando il diabete, determina nei pazienti diabetici una minore gravità di malattia ed un più basso rischio di insorgenza di effetti gravi.