I numeri parlano chiaro: tra il 2019 e il 2023 l’export agroalimentare è aumentato di oltre il 30%, superando la soglia dei 60 miliardi di valore. Tale prologo è per rappresentare che questi settori non sono assolutamente sottostimati ma, al contrario, valorizzati. Occorre però chiedersi: perché è sorta una protesta diffusa in Europa? Quali sono i motivi che, nelle varie aree del nostro continente l’hanno scatenata? Voglio cercare di rispondere a questa domanda.
Preciso che, le prime rivendicazioni in tal senso, hanno avuto luogo in Germania per due motivi. Il primo tutto legato a vicende interne, cioè la decisione del Governo tedesco di togliere le agevolazioni sul gasolio agricolo perché considerato inquinante. Giustamente gli agricoltori tedeschi hanno portato i trattori in strada per dire che non vi è alternativa efficace al mezzo a gasolio. Il secondo riguarda il possibile ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e quindi del sistema rurale ucraino nella PAC, senza contribuirvi, ma ottenendo benefici, squilibrando ancora di più la concorrenza. Su questo argomento proverei a ricordare i nostri sacrifici economici per unificare le due Germanie. In Francia, Olanda, Spagna, Portogallo e Belgio le motivazioni sono accumunate a quelle delle Rappresentanze italiane, cioè tutte rivolte alle politiche europee sull’ambiente e l’agricoltura.
Tra queste segnalo in particolare l’inadeguatezza di alcune misure del “Green Deal” rispetto al quadro sociopolitico attuale, totalmente modificato rispetto alle prospettive costruite, oppure alcune ipotetiche misure oggetto del confronto europeo. Porto gli esempi dell’eliminazione delle buste di plastica per la quarta gamma, l’inserimento della farina di insetti negli impasti, la concorrenza non adeguatamente certificata da parte dei Paesi extraUE, il nutriscore, l’etichettatura dei vini simili a quelle delle sigarette, le lentezze burocratiche o il mantenimento del 4% dei terreni incolti. Su questi temi già avevamo ottenuto risultati o deroghe, ma la protesta attuale è servita per spiegare meglio ed ottenere altre soluzioni. In Italia, poi, sul cibo sintetico con una grande alleanza abbiamo ispirato l’approvazione di una legge per vietarne la produzione e la commercializzazione. I primi in Europa e sia le Acli che Acli Terra sono state insieme tra i primi firmatari.
Un fenomeno tutto italiano, invece, è stato quello della protesta spontanea relativa a questioni interne come l’Irpef agricola o le cartelle esattoriale. In materia di Irpef agricola vi è stato un errore della maggioranza di governo che si è vista costretta a tornare sui propri passi. Sugli altri temi fiscali le questioni non sono, però, tipicamente rurali, ma trasversali ad ogni settore. Questa protesta spontanea con Acli Terra non l’abbiamo assecondata per tre motivi. La rivendicazione sindacale noi la riconosciamo nei termini previsti dalla Costituzione, quindi tramite rappresentanze democraticamente selezionate. Seconda motivazione riguarda la confusione delle istanze.
Terza, la chiara divisione in sottogruppi orientati diversamente anche con sfumature politiche. In questi ultimi giorni l’adesione alle manifestazioni pubbliche è calata tantissimo, basti vedere la bassa partecipazione agli appuntamenti al Circo Massimo o davanti al Campidoglio di due di questi gruppi. Torniamo invece alla posizione di Acli Terra che ha rivendicato le questioni prima elencate insieme ai colleghi delle altre Organizzazioni, ma ha sottolineato altre tre posizioni.
Abbiamo rivendicato strumenti di welfare superiori per questo settore, sia per la tutela previdenziale sia per l’assistenza alla conciliazione tra vita professionale e quella genitoriale. Tra queste misure anche l’attribuzione della classificazione di mestiere usurante ad alcune categoria come i pescatori. Un welfare al passo con le esigenze dei datori e dei dipendenti e che abbia al centro la persona con tutte le difficoltà fisiche che affronta nel contesto ambientale.
Il tema ulteriore da noi proposto è quello della necessità di rafforzare gli organici delle direzioni agricoltura delle regioni italiane, ora tutte depotenziate nel personale per mancanza del ricambio generazionale e quindi rallentate nei procedimenti amministrativi per l’attuazione della Pac e del Feampa. La terza proposta la necessità di sviluppare la cultura della trasformazione diretta da parte dei produttori, soprattutto in forme associate, per accorciare le filiere nei valori economici, utilizzando tutti gli strumenti della PAC in sinergia anche con gli enti territoriali. Ciò per raggiungere uno degli obiettivi fondamentali e fondanti della stessa PAC, cioè l’equa remunerazione dell’agricoltore.
Abbiamo deciso di focalizzare la nostra attenzione a 360 gradi sulla valorizzazione del Made in Italy nella totalità del comparto agroalimentare e produttivo del nostro Paese in quanto, lo stesso, rappresenta un baluardo imprescindibile di qualità morale, umana ed etica di cui, gli agricoltori, sono ottimi rappresentanti. Ogni nostro sforzo, pertanto, è improntato alla tutela di queste eccellenze universalmente riconosciute ma, anche e soprattutto, della salute della nostra “Casa Comune”. Lo dobbiamo a noi e soprattutto alle generazioni future.