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I prodotti che non ti aspetti: ecco i più colpiti dalla crisi

Secondo una ricerca dell’istituto Ifop pubblicata su Le Parisien, dalla fine del locdown in Francia la cosiddetta pratica del “No-Bra” (vale a dire quella di non indossare il reggiseno) è in netto aumento. Così come un’altra pratica, quella del “No Make-Up” (non truccarsi), è stata “sospinta dall’isolamento imposto dal confinamento“, spiega Francois Kraus, direttore del Polo di Genere, Sessualità e Salute dell’Ifop.

L’epidemia di Covid-19, con i vari lockdown, ha creato seri problemi economici a molti brand famosi in tutto il mondo. Dal mondo della moda fino a quello della cosmesi, da quello alimentare a quello dei trasporti aerei, da quello della tecnologia a quello dell’energia, sono tanti i grandi nomi di aziende fallite, vicine alla bancarotta o a rischio chiusura e forte ridimensionamento.

Muji, marchio brand di prodotti per la casa e abbigliamento minimalista giapponese, ha chiesto di accedere al Chapter 11 (la normativa della legge fallimentare americana che prevede una procedura di ristrutturazione a seguito di gravi dissesti finanziari) con 64 milioni di dollari di debiti accumulati a causa degli affitti elevati e della chiusura dei negozi.
Chapter 11 anche per il gigante americano Pizza Hut, che con il coronavirus avrebbe generato un debito di circa 900 milioni di dollari. Anche la catena dei negozi d’abbigliamento Zara è stata colpita dalla pandemia: 1200 negozi europei ed asiatici chiusi.

In America il Covid-19 sta creando disagi alla famosa multinazionale Constellation Brands, che controlla il marchio Corona. Il nome del virus avrebbe convinto molti americani a non acquistare l’omonima birra: da un sondaggio condotto su un campione di 737 di bevitori di birra, il 34% non vorrebbe acquistare più una bottiglia di Corona e fra gli affezionati bevitori, il 14% ha smesso o smetterà di berla, mentre il 16% sembra confuso su un ipotetico legame tra la birra Corona ed il Coronavirus.

Altro settore, ma anche Le Cirque du Soleil ha avviato la procedura di bancarotta in Canada. “Con zero ricavi a causa della chiusura forzata di tutti gli spettacoli per il Covid-19, il management ha dovuto agire in modo deciso per proteggere il futuro dell’azienda”, ha dichiarato Daniel Lamarre, amministratore delegato.

Il coronavirus ha messo in ginocchio anche una grande multinazionale della moda come Levi’s che, con vendita in calo del 62% e una perdita di 364 milioni di dollari durante l’epidemia, ha deciso di licenziare 700 persone, pari al 15% della sua forza lavoro.
“Abbiamo iniziato l’anno con un forte slancio, ma la pandemia globale e la crisi economica hanno avuto un impatto significativamente negativo sui nostri risultati del secondo trimestre, dato che i nostri negozi e la maggior parte dei grossisti sono rimasti chiusi in tutto il mondo per gran parte del tempo”, ha dichiarato Chip Bergh, amministratore delegato dell’azienda.

Costretti a casa, i cittadini a stelle e strisce preferirebbero indossare, in questi mesi, tute o abbigliamento comodo piuttosto che i jeans. Un problema simile lo sta passando anche tutto il filone della cinematografia. Da quanto non andate al cinema? Molte sale cinematografiche sono ancora chiuse e le poche aperte sono spesso vuote. Cominciano ad arrivare in Italia i grandi film di Hollywood ma, confrontandoci con le affluenze delle prime settimane di apertura (prima di noi) in America, possiamo già fare un piccolo ragionamento. I film ci sono, gli spettatori no. L’anno scorso, esattamente in questo periodo, il film più visto della settimana aveva ottenuto un incasso di 5 milioni di euro. Il film più visto quest’anno ne ha incassati 600 mila! Praticamente quasi un decimo.
Certo, il coronavirus ha contribuito alla crisi di un settore che, in realtà, non navigava così tanto nell’oro ma che già da un paio d’anni cercava di resistere al forte arrembaggio dell’on-demand e dello streaming a casa.

Sicuramente andare al cinema è tutta un’altra cosa, su questo non c’è dubbio, ma non è solo questa sua “bellezza” che può salvare il mondo cinematografico. Purtroppo le persone non si sentono ancora “sicure” nel tornare in sala e, nel contempo, non hanno smesso di guardare film… Si sono solamente “spostate” tecnologicamente: dalle sale al Web con Netflix, o Amazon Prime Video, o sulla Apple TV.

Tornando al caso Levis’s, l’amministratore delegato è uno ha fatto notare quanto la pandemia abbia rivoluzionato il commercio: “Stiamo intensificando gli sforzi relativi alla nostra trasformazione digitale, incorporando la potenza dell’intelligenza artificiale e sfruttando i nostri emblematici brand per focalizzarci ancora di più sulla Generazione Z e sulla sostenibilità”.

Un evento eccezionale ha stravolto le nostre vite e molte tendenze ancorate nel tempo. Non passerà così tanto tempo da farci scordare e/o cambiare le nostre abitudini. Sicuramente anche stavolta la tecnologia ci aiuterà, ma solo con la nostra voglia e con il nostro impegno.

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