L’indagine dell’Istat pubblicata in questi giorni ci dice che, in Italia, nel 2022, ci sono state circa 5,7 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta e, se non si farà qualcosa subito, si rischia che, quelli che riguarderanno il 2023 e il 2024, potranno addirittura essere peggiori. L’economia che, in Europa e ancor più in Italia, non va benissimo, ha prodotto dei tassi di inflazione molto alti. Quest’ultima è sempre una tassa piatta sulle persone che si trovano in difficoltà economica. Gli aumenti si ripercuotono nel carrello della spesa e nella diminuzione generale dei consumi. Occorre quindi agire sulle leve della politica perché, negli ultimi dieci anni, la povertà è cresciuta di tre volte. Ciò significa che è un fenomeno strutturale e, di conseguenza, ha bisogno di risposte altrettanto strutturali. Invece, nel corso del decennio, i diversi governi che si sono succeduti, hanno introdotto cinque misure differenti di contrasto alla povertà. Ne sarebbe invece bastata una, con l’intento di mettere mano strutturalmente ad un problema multidimensionale che non riguarda solamente il lavoro.
Il dato più preoccupante riguarda i bambini, le famiglie numerose e anche chi vive in una determinata parte del paese, si pensi ad esempio che, oltre 1 milione di minori vive in povertà assoluta. Tutto questo non si può giustificare soltanto con il fatto che ci troviamo in un momento di crisi economica mondiale. I diversi Stati, nei rispettivi bilanci, devono allocare le risorse dove più servono. Quindi, piuttosto che dividere in categorie le persone più fragili o modificare il reddito di cittadinanza (misura universalistica), sono state introdotte due misure categoriali, per le quali, noi come Acli e Alleanza contro la Povertà, abbiamo scritto i nostri dubbi e abbiamo presentato delle proposte per aiutare il governo a superare questa fase di grande difficoltà.
È necessario mettere al centro delle politiche di questo paese il tema della povertà e della fragilità sociale. Nella Legge di Bilancio, ad esempio, è stato cassato, per gli impegni di spesa, la parte relativa alla non autosufficienza, ovvero la legge 33, che riguarda dieci milioni di persone, tra persone anziane non autosufficiente, famiglie che se ne prendono cura e operatori sanitari. Ci sono voluti 25 anni di attesa perché, in qualche modo, la riforma fosse attuata e, con il governo Draghi, si era riusciti ad introdurla perfino nel PNRR. Aspettavamo l’attuale finanziaria e i decreti attuativi per capire in che modo si sarebbe investito su questa riforma ma, all’interno della Legge di Bilancio, non ce n’è traccia. Inoltre, sono state detratte delle risorse dal fondo che, fino a qualche mese fa, ha coperto il Reddito di Cittadinanza. L’assegno di inclusione e l’assegno di formazione e lavoro, una volta messi a regime, faranno risparmiare dai tre ai quattro miliardi di euro. Riteniamo che non sia corretto perché, a fronte della crescente povertà, invece di aggiungere risorse, si tolgono. Sul medio e lungo termine invece, occorre conferire una solida infrastruttura ai servizi per il lavoro sul territorio. Attualmente, sul piano nazionale, siamo assolutamente impreparati. Si pensi ai centri per l’impiego: se vogliamo far sì che, sui territori, si accompagnino le persone nel mondo del lavoro, è necessario mettere mano a questi servizi. C’è poi il sistema di infrastrutturazione sociale: se i servizi sociali, nei diversi luoghi, non riescono a prendersi carico dei poveri e accompagnarli nei diversi processi di inclusione, è necessario affrontare la situazione in maniera strutturale, attraverso riforme dei servizi e delle politiche sociali nella loro interezza, per fare il modo che riescano a farsi carico di coloro che non ce la fanno.
Nel momento in cui, le persone in difficoltà, non potranno accedere ai nuovi strumenti di sostegno previsti dalla legge 85 del 2023, si rivolgeranno ai servizi sociali a loro più prossimi e, di conseguenza anche ai Sindaci che, a quanto risulta, hanno visto decurtare le risorse destinate ai Comuni. L’attuale situazione è molto complicata e occorre agire subito con delle politiche lungimiranti in grado di andare oltre la legislatura. La povertà non è una questione ideologica, ma riguarda la vita delle persone e di tutti quelli che vivono in una comunità. Serve una prospettiva di impegno comune per dare una risposta a questa emergenza. Solo insieme si può risalire la china.