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Quando la politica tradisce l’impegno verso gli elettori

“La politica è una delle forme più alte della carità, perché cerca il bene comune.” Così affermava Papa Francesco il 7 giugno del 2013 in occasione dell’Udienza agli studenti delle scuole gestite dai Gesuiti in Italia e Albania ed è su questa base che ci è chiesto di tornare alla politica nel senso più alto e nobile del termine.

Al contrario, nei giorni scorsi si è assistito ad un mercato che, benché gennaio, non ha riguardato il mondo del calcio, bensì il Parlamento in occasione del recente voto di fiducia al Governo, anche se l’art. 67 della Costituzione (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato…”), rende legittimo per i Deputati il passaggio a un gruppo parlamentare diverso da quello originario. Pur non volendo entrare nel merito, prettamente di carattere politico, sembra opportuno fare alcune considerazioni e di tipo comportamentale e di etica politica.

Certamente la norma dettata dai padri costituenti fu allora resa necessaria da un’esigenza di libertà politica, uscendo allora il nostro Paese da un periodo storico figlio di una dittatura nazi-fascista, ma mai avrebbero immaginato che tale libertà di pensiero sarebbe poi stata mal usata e non di rado, più che per il bene comune, ad esclusivo vantaggio personale.

Il cambio di casacca, per restare in ambito calcistico, è cosa che è sempre avvenuta nella storia politica del nostro Paese, ma ciò che risulta sconcertante è che, mentre in tempi passati questo atteggiamento veniva sempre stigmatizzato, in quest’ultima circostanza parlamentare lo si è addirittura legittimato, osannato ed esibito quasi con vanto attraverso motivazioni più o meno opinabili.

La realtà inconfutabile è che con tali scelte, di fatto, si “tradisce” l’impegno assunto nei confronti dell’elettore che, attraverso la preferenza nominale e politica, esprime la propria volontà ma che poi, nel corso della legislatura e per le più svariate ragioni, non di rado viene convertita in una scelta opposta alla propria intenzione.

Tutto ciò porta ad una ingovernabilità del Paese attraverso continue maggioranze varabili e che non rendono quasi mai possibili l’attuazione di programmi elettorali. Se a questo poi si aggiunge che in buona percentuale molti Parlamentari non provengono dal mondo del lavoro, è facilmente intuibile come, prima di rinunciare al proprio mandato, si faccia di tutto per conservarlo e quindi si diventi “politicamente”, facilmente ricattabili. Quando l’azione politica pertanto viene a confrontarsi con principi morali che non ammettono deroghe, allora l’impegno si fa ancor più evidente e carico di responsabilità.

Dinnanzi a esigenze etiche fondamentali ed irrinunciabili, è in gioco infatti il bene integrale della persona. E’ assolutamente necessario, pertanto, coltivare una grande sensibilità per il bene comune cercando di rendere meno diseguale la Comunità: pensando innanzitutto ai più deboli, ai più poveri, alla politica sociale e a quella dell’integrazione, ma anche alla famiglia, alla vita, all’educazione e alla scuola, alle politiche del riassetto urbanistico, alla sanità, alla vivibilità delle città, al recupero e alla qualità dell’ambiente.

La verità in politica deve essere sinonimo di lealtà, nelle parole, negli impegni presi e nei comportamenti, la verità infatti domanda che ci sia piena coerenza tra le promesse elettorali e i progetti attuati o messi in cantiere.

Per questo ci è chiesto di servire la Politica, nel senso più alto e nobile del termine; un sì, dovrebbe accompagnarsi anche almeno a qualche no: se invece c’è solo una lunga serie di sì, ci troviamo inevitabilmente di fronte a promesse che finiscono per essere illusorie. Non a caso, infatti, a tale proposito Alcide De Gasperi affermava : Un politico guarda alle prossime elezioni, uno Statista guarda alla prossima generazione.

Amministrare è per ciò stesso fare politica, perché significa impegnarsi riservando una prioritaria e specifica attenzione, soprattutto in questo periodo di pandemia, a chi è più debole: il disabile, il bambino, il malato, l’anziano. E per fare tutto questo diventa sempre più necessario agire insieme giungendo alla condivisione di alcuni valori quali l’onestà, la giustizia, l’amore alla verità, la competenza. Il riconoscimento di questi valori comuni irrinunciabili e quindi non negoziabili sono pertanto condizione necessaria e fondamentale di una autentica democrazia,

La morale infatti non è mai contro ma sempre e solo per l’uomo e per il suo vero bene. Occorre pertanto ripensare in termini civili ad una antica onestà intellettuale, intesa come capacità di riconoscere ciò che è giusto e vero ovunque esso si manifesti, senza preclusioni di sorta. E’ necessario allora confrontarsi, lavorare, pensare, progettare e operare con gli altri senza scappatoie e senza alibi per non affrontare la fatica della ricerca comune di soluzioni.

E’ su queste basi che don Luigi Sturzo, in un articolo pubblicato il 4 novembre del 1948 sul quotidiano “Popolo e Libertà”, così affermava : “Per un cattolico tutto è e deve essere cristiano: la vita individuale, la famiglia, l’attività economica, la concezione filosofica, la creazione artistica, l’attività politica, si da non esservi alcun angolo del proprio essere che non sia impregnato di cristianesimo“.

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