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Piano Colao e “guerra al contante” tra mito e realtà

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“L’eterno ritorno” non è solo una teoria filosofica elaborata da Friedrich Nietzsche, con le basi che affondano nella mitologia nordica, ma è anche un insieme di suggestioni, spesso svincolate dalla realtà dei fatti, che alcune fazioni politiche periodicamente ripropongono come la “lotta al contante”. L’ultimo attacco al più antico mezzo di pagamento oggi utilizzato, escludendo il baratto, viene dal cosiddetto “piano Colao” per il rilancio del Paese.

Leggendo il documento elaborato dalla task force capitanata dall’ex AD di Vodafone, che sembra una via di mezzo tra un libro dei sogni e un’agenda di azione per la politica economica italiana, non si può non apprezzare il focus puntato sui principali punti nevralgici per spingere la ripresa e una crescita sostenibile e duratura dell’Italia, tra il rilancio di lavoro e industria, la salvaguardia dell’ambiente, la valorizzazione dell’arte e della cultura in campo turistico, la sburocratizzazione della Pubblica Amministrazione perché diventi d’aiuto e non di ostacolo al cittadino e all’impresa e il sostegno alle famiglie come nucleo fondante di tutto il sistema economico, ma un punto stonato, come al solito, c’è ed è quello che, mediaticamente, ha più risalto.

Si parla del sistema di pagamenti e, appunto, della guerra al contante. In verità il ricorso ai pagamenti elettronici, come già indicato tempo fa in un articolo su queste pagine, rappresenta un netto vantaggio per tutti.

Dal lato dei privati per la sicurezza e la tracciabilità delle transazioni che permette di minimizzare il rischio di furti e di frodi e dal lato della Cosa Pubblica (ma anche degli istituti di credito) un netto risparmio nella gestione annua del contante che potrebbe arrivare fino a circa 1,5 miliardi di euro all’anno conteggiati sui 10 miliardi di costo effettivo sostenuto dal nostro Paese ogni anno per la gestione della moneta fosse anche solo per il costo di produzione che per taluni tagli di moneta metallica è superiore al valore nominale della moneta stessa.

È questo il caso, ad esempio, delle monete da uno e due centesimi, che l’Italia non produce più dal 2018, che avevano un costo rispettivo di 4,5 centesimi e di 5,2 centesimi, cosa che è costata quasi 188 milioni di euro in dieci anni, con buona pace dei signoraggisti. È evidente, quindi, che una digitalizzazione del sistema dei pagamenti porterebbe un netto vantaggio a livello di sistema tanto da suggerire interventi di stimolo all’uso dei canali elettronici ma da qui a penalizzare l’uso dei contanti ne passa.

Nell’immaginario collettivo, complice una certa narrazione a livello politico e mediatico, l’uso dei contanti si identifica con il fenomeno dell’evasione fiscale visto come endemico nella penisola, tanto che molta gente pensa che l’eliminazione del contante sia prodromica all’eradicazione del fenomeno e auspicabile in ogni caso. Ebbene non è così.

Se si guardassero le statistiche ufficiali OCSE il tasso di evasione italiano non sarebbe esattamente così sproporzionato rispetto a quello di altri stati considerati più virtuosi; prendendo solo il caso della Germania, ad esempio, risulterebbe che una quota pari al 13% del PIL, con l’Italia si ferma “solo” a circa un 8% del PIL, sia depositato in quei paesi indicati come rifugi fiscali.

L’evasione fiscale tedesca, poi, si attesta a circa 336 miliardi di euro che rappresenta il 9,9% del PIL (fonte IAW – Forbes/Statista su dati 2017) mentre nello stesso periodo in Italia il dato si ferma a 192 miliardi di euro (fonte ISTAT), cioè circa il 10,9% del PIL che è un dato normalizzato non così distante, ma lassù nessuno si sogna, ancor oggi, a prevedere un tetto o una penalizzazione all’uso dei contanti.

Intendiamoci, la minore circolazione del contante, dal lato dell’evasione fiscale, renderebbe più difficoltoso pagare “in nero” l’idraulico o il dentista ma non certamente a dare un colpo decisivo al fenomeno che, oggi, si presenta con mezzi ben più raffinati a livello contabile e trasferimento dei fondi ma, al contempo, creerebbe non poche difficoltà alla popolazione sia dal lato delle persone anziane e di chi, per una qualche ragione, non possa ricevere carte di pagamento sia dal lato del back up in caso di fenomeni di assenza di linea o di corrente.

Questo perché, al di là dei vantaggi, già accennati, derivanti dall’uso dei sistemi digitali di pagamento, fossero anche solo le carte tradizionali, il contante ha delle caratteristiche che lo rendono ancor oggi indispensabile. Non parlo dell’anonimato delle transazioni e dell’uso da parte degli anziani che possano essere avulsi all’uso di strumenti alternativi, ovviamente, ma dalla sua natura “fisica” che lo rende lo strumento più versatile esistente.

Nei paesi dove il contante è ridotto ai minimi termini, come in Scandinavia, ad esempio, nessuno si sogna di combattere a livello legale o fiscale l’uso del vil denaro fisico poiché, come nel caso delle tempeste magnetiche vicino al Polo Nord, come si potrebbe anche solo pagare la benzina se i terminali per carte e pagamenti digitali non funzionassero? Inoltre prevedere una sorta di “anticipo fiscale a valere sui prelievi di contante”, cioè una trattenuta sull’importo richiesto, perché non si sa la finalità esatta della transazione rappresenta una vera e propria perversione dirigista.

In un Paese che affoga nelle esose pretese del fisco invece di ipotizzare la riforma delle riforme, quella fiscale, per rendere la finanza pubblica più razionale e meno pesante per le tasche di cittadini e imprese si va a creare un’altra pretesa che, oltre ad essere particolarmente odiosa, non sarebbe a costo zero per l’Erario e, quindi, per le tasche degli italiani che non solo si vedrebbero decurtare ogni prelievo ma subirebbero anche il costo del mantenimento della struttura necessaria alla riscossione del balzello.

Che questa sia una proposta ragionata, cosa che solleva qualche dubbio, o che sia una mera enunciazione di marketing politico per accontentare una certa fazione politica sicuramente rientra tra le idee che potrebbero avere conseguenze assai negative, sia come riscontro nella popolazione, che già si è allarmata per la notizia, sia dal lato del mantenimento della fiducia e del miglioramento delle aspettative. Per usare una terminologia cara alla teoria dei giochi si tratta di un modello lose-lose che solo un incosciente potrebbe avallare o portare avanti.

Matteo Gianola: