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Perdonaci, caro Alfie

Alfie Evans all’età di ventitré mesi è partito per il suo viaggio di non ritorno. Condannato a morire di fame e di sete in nome di quel “diritto” a morire che nessuna comunità che possa definirsi civile potrà mai accettare. Una storia triste, nella quale si sono frammiste problematiche etiche, giuridiche, mediche, parentali ma nella quale, soprattutto, non è stata mantenuta in debita considerazione la dignità e la sacralità della vita umana. E non vogliamo parlare di sacralità in senso cristiano, sarebbe fin troppo facile, ma di rispetto in senso etico laico, di rispetto della vita che ci ha portato tutti a condannare le guerre, la Shoah, le pulizie etniche di intere popolazioni. Ma l’Alta Corte inglese ha emesso la sentenza: “Alfie deve morire nell’Alder Hey Children’s Hospital”. Da lì è cominciata la corsa affannosa di chi fino alla fine ha cercato di salvarlo e di chi ne ha perorato la morte.

Ora, caro Alfie, che sei finalmente tornato nella casa del padre e come Lui hai sofferto la sofferenza della Croce, potrai dire anche te: “Signore, perdonali perché non sanno quello che fanno”..! E’ per questo, caro Alfie, che volevo chiederti scusa…

scusa per l’incapacità che abbiamo avuto nel non saperti difendere,

scusa perché ti abbiamo negato la vita, a te che in fondo chiedevi soltanto un po’ di nutrimento per non morire di fame, un po’ d’aria per non morire di asfissia e tanto affetto per salutare la vita nella tua casa in braccio alla tua mamma col conforto del tuo papà. Ti voglio chiedere

scusa per quei medici che hanno dimenticato chi era Ippocrate e che si sono arresi senza coraggio nel testimoniare i valori della nostra professione che deve sempre e comunque guardare al bene della persona e del suo corpo, sempre scevra da alcun condizionamento. Ti voglio chiedere

scusa se qualcuno di noi che doveva esserti vicino si è girato dall’altra parte rievocando chi circa duemila anni fa si è lavato le mani pensando falsamente che così potesse lavare anche la propria coscienza. Ti voglio chiedere

scusa se in nome di una falsa pietà sei stato sacrificato per non creare un precedente e per meri calcoli economici collegati all’allocazione delle risorse, non considerando che la crisi odierna non è tanto collegata alla crisi economica ma che riguarda i valori fondamentali dell’uomo che sembrano essersi dissolti nel nulla.

Anche se viviamo un momento dove assistiamo ad abominevoli delitti consumati anche entro le mura domestiche, dove legalizziamo pseudo-matrimoni tra persone dello stesso sesso, dove i figli di gestazione per altri vedono figure omo-genitoriali che vanno a destabilizzare il loro equilibrio e la loro crescita, dove la teoria gender sta infiltrandosi subdolamente nella nostra società, dove la “Rupe Tarpea” rischia di entrare anche nei nostri ospedali, dove il bullismo la fa da padrone e dove gli insegnanti così come i medici rischiano di essere percossi nell’adempimento del proprio lavoro e nella quasi indifferenza dei media; ebbene, noi siamo tra quelli che come siamo contrari alla pena di morte, alle guerre e a qualsiasi forma di omicidio di massa perpetrati nei periodi storici di recente memoria, così lo siamo anche a che un bimbo innocente sia stato ucciso per fame e sete. Non resta purtroppo che salutarti, caro Alfie, e chiederti perdono se non abbiamo avuto la capacità e la forza di salvarti, augurandoci che il tuo sacrificio possa servire alla riflessione ed ad un augurabile futuro cambiamento.

Stefano Ojetti – Vicepresidente nazionale Amci (Associazione Medici Cattolici Italiani)

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