Intervento

Perché la visita di Giorgia Meloni in Cina è importante

Riannodare il filo del dialogo con la Cina, sia dal punto di vista politico che economico. Liberando il campo da zone grigie e malintesi. In estrema sintesi sono questi i titoli di testa della missione che vede la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, impegnata a Pechino, per una visita che si concluderà il 31 luglio. Una visita di grande importanza, quella del governo italiano, destinata a produrre risultati nel lungo periodo.

La titolare di Palazzo Chigi incontrerà l’omologo Li Qiang, mentre lunedì 29 luglio è in programma il bilaterale con il presidente Xi Jinping. La Meloni è il primo capo del governo italiano a volare in Cina dopo Giuseppe Conte, che vi si era recato nel 2019 in occasione del secondo forum sulla Nuova via della seta. Il contesto, da allora, è profondamente cambiato. La visita della premier arriva dopo che lo scorso anno l’Italia ha deciso di non rinnovare il memorandum d’intesa sulla collaborazione nell’ambito della Nuova via della seta, firmato proprio dal governo Conte. La missione ha dunque l’obiettivo di “riequilibrare” le relazioni economiche con la Cina e si pone, in questo senso, in continuità con quelle effettuate lo scorso settembre dal vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e a inizio mese dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Nel mezzo, la riunione della Commissione economica mista che ha avuto luogo lo scorso aprile a Verona, con la partecipazione del ministro del Commercio cinese Wang Wentao.

A Pechino la Meloni sarà ricevuta dal presidente Xi Jinping, dall’omologo Li Qiang (con il quale inaugurerà il Forum d’affari Italia-Cina) e dal presidente dell’Assemblea nazionale del popolo, Zhao Leji. La titolare di Palazzo Chigi farà successivamente tappa a Shanghai, dove concluderà la visita il 31 luglio. Qui incontrerà il segretario locale del Partito comunista cinese, Chen Jining. I colloqui saranno tesi a dare slancio e sostanza al partenariato strategico di cui proprio quest’anno ricorre il ventesimo anniversario.

Durante la visita della nostra presidente del Consiglio dovrebbe anche essere adottato un Piano d’azione per il rafforzamento del partenariato strategico globale: il negoziato sul documento è già concluso, ma occorrerà vedere se nel testo figurerà, come richiesto da Pechino, un riferimento allo “spirito della Via della seta”. Un altro possibile risultato della missione è la firma di un Memorandum sulla collaborazione industriale fra il ministero delle Imprese e del Made in Italy e il dicastero della Tecnologia cinese, che potrebbe essere adottato assieme ad altre intese su indicazioni geografiche, cooperazione nel settore dell’educazione, della sicurezza alimentare e della protezione ambientale.

Non è da escludere, inoltre, la sigla di accordi fra lo stesso dicastero italiano e quattro aziende cinesi – Ccig, Jac Motors e Chery, attive nel settore automobilistico, e Ming Yang, leader globale nel comparto eolico – i cui rappresentanti sono stati incontrati da Urso in occasione della sua missione a Pechino tra il 4 e il 6 luglio scorsi. L’obiettivo, in questo caso, è di portare nuovi investimenti cinesi in Italia, in particolare nei settori delle auto elettriche e delle tecnologie verdi. Perché più che il futuro è proprio il presente che da lì, dal comparto legato alla transizione ecologica e ai prodotti che vi stanno dietro.

Pensare di lasciare solo e soltanto alla Cina le chiavi del processo potrebbe rivelarsi un errore strategico, nonché un danno economico. Dunque occorre essere attori e non comparse della scena internazionale, almeno per la parte concessa all’Italia dalla storia e dalle condizioni macro economiche. Perdere l’occasione sarebbe un grave errore.

Del resto Roma punta a ottenere la rimozione del blocco all’export dall’Italia di prodotti di origine animale e lo sblocco dei negoziati per la firma di nuovi protocolli per l’esportazione di prodotti agro-alimentari. L’auspicio della Meloni, anche attraverso il Forum imprenditoriale al quale interverrà con l’omologo Li, è d’imprimere una dinamica positiva all’interscambio commerciale tra i due Paesi, che lo scorso anno si è assestato a 66,8 miliardi di euro, facendo della Cina il nostro secondo partner commerciale fuori dall’Unione europea (dopo gli Stati Uniti). Senza tralasciare gli investimenti diretti esteri italiani, pari a 15 miliardi di euro, e le oltre 1.600 aziende italiane attive in Cina in particolare nei settori del tessile, della meccanica, della farmaceutica, dell’energia e dell’industria pesante.

Molto spazio sarà riservato anche ai rapporti culturali tra i due Paesi. La visita della Meloni, che sarà seguita da quella del prossimo autunno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, giunge in concomitanza con i 700 anni dalla scomparsa di Marco Polo. Al World Art Museum di Pechino, assieme al ministro della Cultura e del Turismo cinese Sun Yeli, la presidente del Consiglio inaugurerà la mostra “Viaggio di conoscenze. Il Milione di Marco Polo e la sua eredità fra Oriente e Occidente”. Si tratta di una delle molteplici iniziative congiunte intraprese quest’anno dai due governi in campo culturale, cui fanno da sfondo i numerosi accordi di cooperazione accademica in essere e gli stretti e crescenti legami tra i due popoli, testimoniati dai circa 16 studenti di italiano che oggi vivono in Cina.

Pechino, dal canto suo, spera che la visita della Meloni possa “facilitare il costante e duraturo sviluppo delle relazioni tra Cina e Italia e Cina ed Europa”, come ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning. Più pungente il commento affidato dal “Global Times”, organo del Partito comunista in lingua inglese, al ricercatore Zhao Junjie, secondo cui la missione della presidente del Consiglio è “probabilmente finalizzata a compensare il rammarico del ritiro (dell’Italia dalla Nuova via della seta) e a chiarire personalmente alcuni malintesi”. Lo stesso “Global Times” riporta anche le parole del presidente dell’Italy China Council Foundation (Iccf), Mario Boselli, secondo cui l’Italia può garantire alle aziende della Cina “una porta d’accesso perfetta ai mercati dei Paesi terzi”.

Enrico Paoli

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