Quando parliamo di Erdogan, dobbiamo in primo luogo dire che è un “disinvolto”, per non dire spregiudicato, nella sua proiezione interna alla Turchia e a livello internazionale. E’ allo stesso tempo membro dell’Alleanza Atlantica, ma fa acquisti di armamenti dalla Russia, è presente nel Mediterraneo e sta sfruttando l’accordo con Libia sia per controllare i nuovi giacimenti di gas, sia i percorsi che questi gasdotti devono fare per arrivare in Europa.
Sulla vicenda dei dieci ambasciatori lui ha tuonato, guarda caso sempre in occasione con la popolazione turca: ha dichiarato di voler cacciare questi diplomatici, tra l’altro di Paesi importanti, perché avevano firmato una lettera per la liberazione dell’attivista Osman Kavala, e nel giro di pochi giorni ha fatto marcia indietro. Perché? Erdogan sostiene che gli ambasciatori si sono scusati, ma in realtà il problema è un altro. Lui ha fatto la voce grossa perché Kavala è considerato legato al tentativo di colpo di Stato del 2016. Nel momento in cui stava arrivando a Roma per il G20, Erdogan non è voluto apparire come colui che rompe tutti i piatti perché un po’ nervoso, sapendo che questo avrebbe causato reazioni che lui vuole misurare. Se è vero che è uno spregiudicato, è altrettanto vero che non è uno sciocco. Di norma, riesce a fermarsi quando vede che i rischi sono troppo grossi. In questo caso lui ha voluto evitare una gravissima crisi diplomatica e di allargare lo strappo che ha creato all’interno della Nato.
Tutto questo all’interno di una logica che vede Erdogan da partner strategico dell’Occidente, a metà strada tra l’Occidente e il Medio Oriente, ad essere sempre di più dall’Occidente. Erdogan, oggi, si pone tra l’altro come il vessillifero del vero Islam politico che è visto come la peggiore minaccia dalla maggioranza dei Paesi arabi e islamici. Nel 2018 ha fatto indire delle elezioni che sono state molto criticate dal mondo occidentale. Lui vuole accrescere il suo profilo politico e militare. Il caso più clamoroso è quello della Libia: ha sfruttato l’inerzia dell’Unione europea. Tripoli aveva chiesto aiuto per contrastare Assad e poi si è rivolta a colui che era pronto a intervenire immediatamente. Si potrebbe dire che gliel’abbiamo servita su un vassoio d’argento.
L’accordo con la Turchia sui migranti, di cui Erdogan ogni tanto ci ricorda che potrebbe cambiarlo qualora mutassero le condizioni, rappresenta un ricatto molto pesante nei confronti dell’Ue. Dall’altro lato, noi non abbiamo imparato la lezione e stiamo cercando di fare la stessa cosa in Africa dove c’è la direttrice sud-nord dove stiamo investendo soldi in tutto il Sahel.
Erdogan è un personaggio da prendere con le molle, ma è anche un personaggio di fronte al quale l’Europa, e non solo, dovrebbe adottare un atteggiamento più fermo perché quello che Ankara ha dimostrato finora è che quando teme una risposta troppo dura fa marcia indietro o si ferma. L’Ue non può, e non dovrebbe, essere troppo recalcitrante. Dovrebbe, invece, far capire a Erdogan che alcune cose non se le può, o non se le dovrebbe, permettere.